L’odio non è esploso con Netanyahu. È solo uscito dal seminterrato dove lo tenevate a riposo.
C’è chi giura che tutto sia cambiato con l’ascesa della destra.
Che la solidarietà sia evaporata perché “Israele è diventato un Paese reazionario, integralista, oppressivo”.
Che il mondo, prima di Ben Gvir e Netanyahu, avesse un rapporto equilibrato con Israele.
Fandonie.
L’odio contro Israele non è nato con questo governo.
È tornato di moda.
È stato sdoganato, rispolverato, legittimato.
Ma era già lì. Covava sotto la superficie, come una brace in attesa di ossigeno.
E voi – intellettuali, attivisti, giornalisti, accademici – gliel’avete concesso.
Il pretesto perfetto: “Colpa della destra”
Per anni la sinistra europea ha cercato di mettere a tacere il disagio: come si fa a difendere i diritti umani e sostenere Israele? Come si giustifica la sopravvivenza di uno Stato che ha il coraggio di difendersi?
Poi è arrivato Netanyahu. E con lui Ben Gvir, Smotrich, la riforma giudiziaria.
Il pretesto è servito su un vassoio d’argento: ecco perché possiamo odiarlo senza sembrare antisemiti.
“Non è Israele che detestiamo, è il suo governo.”
Ma la verità è che non avete mai digerito l’idea che gli ebrei avessero smesso di morire in silenzio.
L’odio dormiente
L’ossessione anti-israeliana non nasce da un’analisi politica.
Nasce da una deformazione morale: l’incapacità di accettare che le vittime di ieri possano diventare un popolo forte, armato, capace di vincere.
Finché erano ebrei sopravvissuti, vi commuovevano.
Quando sono diventati ebrei combattenti, vi hanno spaventato.
Per questo il mantra è sempre lo stesso: “non è l’ebraismo, è il sionismo”.
Ma non è vero. Il problema è che il sionismo ha funzionato.
Israele è viva, moderna, tecnologica, resiliente.
E per chi ha bisogno di un’oppressione da denunciare – è insopportabile.
L’intellighenzia e il tradimento della realtà
Università, giornali, ONG: tutti si sono affrettati a prendere le distanze.
Non dalla violenza – quella è perdonabile se diretta “contro l’oppressore”.
Ma da Israele, il popolo che ha osato vincere.
Israele ha un governo che si può criticare? Sì.
Ma quanti governi in Medio Oriente sono peggio – eppure vengono difesi, ignorati o addirittura coccolati?
Dove sono gli editoriali sulle carceri egiziane?
Dove le manifestazioni contro i gay impiccati a Teheran?
No, il problema siete voi.
Siete diventati esperti nel criticare Israele, ma ciechi davanti a tutto il resto.
Israele, specchio che non vi piace
Israele è un Paese diviso, litigioso, democratico.
Ha un’opposizione interna feroce, una stampa libera, manifestazioni settimanali.
Ma non vi basta.
Perché in fondo, voi non volete che Israele si migliori.
Volete che si arrenda.
E se non lo fa, allora lo disumanizzate: “genocidio”, “apartheid”, “regime coloniale”.
Tutti termini svuotati di significato, usati come clave per silenziare chi non si inginocchia alla narrazione dominante.
La verità che vi brucia
Non è Israele ad aver cambiato il mondo.
È il mondo che non sopporta più Israele.
Non per i suoi errori, ma per i suoi successi.
Perché ha resistito a guerre, intifade, boicottaggi, terrorismo, isolamento diplomatico.
E oggi è ancora lì.
Più viva che mai. Più odiata che mai.
L’antisemitismo non si è mai estinto. Ha solo cambiato maschera.
Oggi si traveste da attivismo umanitario.
E la sinistra, che avrebbe dovuto combatterlo, gli ha steso il tappeto rosso.
No, Israele non è odiata perché ha scelto la destra.
È odiata perché non si è lasciata distruggere.
Perché ha scelto di vivere, e di farlo a modo suo.
Se Netanyahu vi dà fastidio, è legittimo.
Ma se Hamas vi sembra accettabile, allora il problema siete voi.
E se l’unico Stato ebraico del mondo vi disturba più di 50 Stati islamici,
non è più politica.
È ossessione.
“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte." Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica a...
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