sabato 26 settembre 2020

VERO -

Sono un uomo, vero, in carne e ossa, ho compreso che su queste pagine posso deporre solo una parte del mio spirito, non è cosa da poco! Il riflesso che già vedo fa parte dello stesso ambito mentale e so bene che non gli si può dare un corpo: l'attenzione è comunque di rigore perchè il rischio di trascendere è sempre presente.

lunedì 21 settembre 2020

DEMONI A ORTIGIA

APRIRSI 
 Quando esci dal portone sei una lama di colore rosso: ti guardo con la consapevolezza della prima volta; vorrei rallentare i tuoi movimenti però mi sei già davanti e io vorrei allontanarti un po’ da me per guardarti meglio a figura intera. Tu mi aliti un ciao a 2 millimetri dalle labbra…ti prendo le braccia e porto il tuo seno a un attimo dal perdersi contro il mio. Andiamo via da qui, lontano dai due gusci vuoti che siamo l’uno senza l’altro.
Perché ridi ? Oggi parleremo in modo assolutamente consono a ciò che siamo. Hai paura ? No, ridi, sei un’onda di piacere puro, non c’è nessun’altra sensazione che possa inficiare il senso di questo giorno.

Luce a picco fra le palme ad anfiteatro, luce ovunque e mare: una danza di azzurri e le tue gambe a dettare il ritmo delle onde. Ti ho mai detto che hai le caviglie più musicali che abbia mai visto ? Ti volti di scatto e mi butti in faccia i tuoi occhi. -Basta, Enzo, guardami bene, sono una vecchia signora – mi prendi la mano – tocca il mio seno, guarda da vicino la mia pelle, sfiorami i capelli. Sono una donna anziana e tu un vecchio e impenitente libertino.
Io non bado alle lacrime che ora puliscono i tuoi occhi, mi avvicino fino a bruciare la mia anima dentro le mille pagliuzze delle tue iridi e ti bacio facendo sbattere i denti contro i tuoi. E abbiamo di nuovo 16 anni e dell’amore non sappiamo nulla e il sesso è l’unica cosa che vogliamo, l’unica che riusciamo a capire. Siamo tornati le rollingstones pericolose dell’altro ieri e mi metto a singhiozzare senza freni, senza tempo, senza pietà…voglio le altre tue labbra e disintegrarmi dentro il tuo utero. Che la notte rovini su questo giorno luminoso e aperto. Ci siamo amati di più lungo questo periplo marino che in mille giorni di coiti sfrenati, ci siamo sfiorati le vite per gridare che non potrà mai più esserci una prossima volta. E anche questa è una menzogna: la volta è una sola, apparecchiamo il desco a questo miracolo, parlami delle tue poesie e delle tue paure, delle nostre canzoni e di quel giorno sotto la pioggia quando ti dissi – I tuoi capelli sono almeno la metà dei motivi per cui ti amo-
Piove sempre ma è bellissimo quando butti indietro la testa e ti lasci baciare il collo senza pudore, tra un po’ uscirà il sole su questa antica città e ci fulminerà qui, davanti alla fonte Aretusa come due amanti pietrificati dallo sguardo di una Medusa invidiosa. Siamo osservati da decine di persone, giro turistico con spettacolo fuori programma: assistere ad una fiction vera… Andiamo via amore mio, andiamo a indossare nuovamente i gusci lasciati al parcheggio sotto casa. Non siamo noi è il mondo che si agita per la nostra assenza, adesso abbiamo riempito il vuoto ma lui ci aspetta negli altri amori, quelli riusciti male, non amati, sciupati. Non siamo noi, troppo leggeri e perfetti per far vela al vento che sale dal mare. Non siamo noi, la nostra ombra si aggira ancora qua mentre andiamo via.
SCRUTARE IL TEMPO 
E’ una tersa mattina di fine estate che si è fatta attendere a lungo, capricciosa e vanesia, come una star ad un ricevimento in suo onore prima di comparire davanti ai suoi ammiratori. Però ora ogni cosa è al suo posto, perfetta. Non attendo te occhi azzurri, attendo il passato. Quel passato che mi appartiene più d’ogni altra cosa perché possiede ancora una carica vitale profonda, un desiderio non sedato. Il sole, tiepido quanto basta, mi scalda il viso: ho voglia di caffè e placida tenerezza. E’ bellissimo muoversi mollemente con gesti risaputi e familiari: una solare intimità dei luoghi che si riflette dentro il mio spirito. Galleggio con naturalezza… per il principio d’Archimede evidentemente possiedo un peso specifico inferiore ai pensieri nei quali sono immerso. Lo stare bene assoluto.
Quanta della mia passione cammina ancora da queste parti?
Ho proiettato me stesso sul selciato del Passeggio Adorno e l’immagine è arrivata sino alle acque del Porto Grande, i miei occhi sono ancora fissati su un mattino di molti anni fa, quando tutto era ancora di là da venire…così una parte di me si è irrimediabilmente persa tra questi vicoli. Giro intorno lo sguardo verso il Plemmirio punteggiato di case per ricordarne una, situata un po’ più in là, sul deserto di pietre aspre del Capo con il faro. La casa c’è ancora, occhi azzurri, ma non ci appartiene più perché, violentata dagli anni, non sente le nostre voci né quelle degli amici di allora. Adesso solo il vento salmastro del mare l’accarezza, col sentimento un po’ esclusivo di chi non ammette altre condivisioni affettive se non quelle del mirto e degli olivastri selvatici. E già lo sappiamo entrambi che non c’è bontà nell’amore, che non c’è pace, oppure siamo noi che non abbiamo trovato altre vie alternative ad un principio assoluto e beffardo che ci insulta ogni giorno. Da questa ringhiera placida e sonnolenta il mare e il vento mi fanno da anfitrioni, pronti a sorreggermi con garbo in una giornata difficile dentro la quale mi son voluto adagiare con voluttà e senza speranze. Ho lasciato l’auto e scendo lentamente verso la marina, c’è solo il rumore dei miei passi e il tenue sciabordio dell’onda breve che la brezza leggera spinge su questo baluardo della Fonte Aretusa.

Tornare qui in assenza di te, nell’amnesia di ogni pensiero precedente a questo…eppure vederti ad ogni passo, sei un tutt’uno con questi palazzi che si specchiano luminosi sull’acqua immobile della rada. Ti somigliano allo stesso modo queste strade con i piccoli portoni segreti, aperti su antichi silenzi e la passeggiata dignitosa con gli alberi curati che guarda l’altra riva un po’ confusa nella caligine estiva.
-Enzo, per favore non baciarmi…
-Non lo farò ma lasciati guardare.
E’ accaduto qui e io non ho alternative: preferisco elidere tutto ciò che è incongruo, stonato e difforme dall’immagine che conservo nella testa. Così, lentamente la fonte rivive, si riappropria dei suoi colori e dei suoi rumori: non più anatre starnazzanti, solo il fruscio dell’acqua dolce che scivola piano nel mare. Nessuna parete, nessuna ringhiera a far da confine. Solo il senso di un tempo immemore, sospeso come il miracolo della vita, dell’acqua, della frescura. Io sono abbastanza sciocco da credere ai miraggi, da perdere la mia identità in questo gioco astruso; sto qui ad aspettarti per un ultimo appuntamento a cui tu non verrai. Io dovevo esserci perché, nonostante tutto, m’illudo che per certe cose non possa esserci una fine. E’ in questo modo che i luoghi e gli oggetti costruiti dall’uomo ti legano il cuore: assorbendo le tue emozioni e le parole pronunciate in loro presenza. Cammini lungo una strada, svolti un angolo, ti siedi su una panchina, guardi l’ingresso di un giardino pubblico…ogni luogo ti ricorda qualcosa o qualcuno, anzi diventa quella cosa o quella persona.
– Mi piace parlare con te. Mi è sempre piaciuto
– E’ lo stesso per me , ma se io ti chiedessi ora , qui, se c’è mai stato un momento in cui mi hai amato ? Sii sincera, per favore- Un breve silenzio,come se ti raccogliessi in te stessa.
-Sì certo, in molte cose ti ho amato. Posso dire di averti amato. Ma io non voglio stare con te, non posso stare con te, rovineremmo tutto.
Dieci anni fa inghiottii il rospo: che fosse tanto indigesto lo capii solo all’atto della deglutizione, ma lo inghiottii lo stesso. Mentre ti allontanavi pensai che era un atto , un momento della nostra vita, che avremmo avuto altre occasioni. Eri assolutamente bella, assolutamente lontana, assolutamente sola; totalmente tua. Il demone era ancora vivo. Allontanandoti lui cresceva a dismisura, si dispiegava in tutta la sua infernale grazia e il tempo trascorso è, banalmente, il mio esercizio di riparazione, una lucida considerazione affinché io capisca di essere stato sempre una strada parallela alla tua, vicina a sufficienza da poterci guardare dentro ma non da camminarci assieme. Oggi il sole è chiaro, un’armonia perfetta che monda il paesaggio da ogni imperfezione e io sono un uomo fortunato, non allegro né soddisfatto, ma cosciente della sua vita questo sì. Non è poco. L’unico rimprovero che mi faccio è che dovrei stare più attento quando dico o penso certe cose: i mai, i per sempre non sono materiale da maneggiare con disinvoltura alla mia età. Si tratta di frutti proibiti. Per me sono stati l’anticamera dell’impotenza, monoliti eretti nelle praterie della mia vita. Per quanto mi sia allontanato, nonostante l’infinità di stagioni trascorse, infine mi ritrovo sempre di fronte ad essi: o sono la verità assoluta o il vicolo cieco in cui mi sono cacciato da ragazzo, e il demone ride.
DARE AL TRAMONTO IL TEMPO CHE GLI SPETTA 
 Non ti bacerò più occhi azzurri, il pericolo è scongiurato; ascolteremo la musica a basso volume come piaceva a te vent’anni fa. Ti racconterò per l’ultima volta sottovoce la storia comune di quelli che, impauriti da certi sentimenti, li precludono al proprio spirito e, a forza di camminare ogni giorno nella polvere delle piccole miserie, dei sorrisi ipocriti e delle carezze interessate, hanno visto sparire dai loro orizzonti la gioia di un’emozione vera.
Fammi dire, non parlo di te, non obbligatoriamente, non solo di te: ho lasciato sparsi in giro per l’Italia e la Sicilia molti brandelli di me: qui come a Palermo o Milano o Trapani, essi hanno fatto il nido e sono prosperati. Adesso mi stanno davanti per un ultimo commiato. La lealtà non esiste. E’un surrogato delle menzogne che ci raccontiamo ogni giorno e te lo dico a capo chino. Poi alzo gli occhi e li fisso nei tuoi. Sei sincera, assolutamente sincera: il fatto è che siamo arrivati in ritardo anche per lasciarci. – E’ vero, sai essere leale e ti odio. Adesso avrò bisogno di un po’ di tempo, devo trovare un equilibrio nuovo – Dovrei dirti questo ed invece ti bacio e nulla si può dire di più perché non è una storia d’amore. E’ una storia e basta.

Di tempo n’è trascorso a sufficienza. Io non sono guarito perché non sono mai stato malato; l’ho capito qualche secondo fa guardando il mare. Sciocchi come me si nasce e ci si rafforza crescendo, è una modulazione diversa dell’anima, un’indole elastica che, piegata ad altri fini, torna naturalmente su se stessa. Non me ne sono accorto: un piccolo drappello di turisti è arrivato da queste parti. La fonte è di nuovo un fenomeno da baraccone, troppe fotocamere, troppi gelati, troppi calzoni corti e sandali di cuoio. Nemmeno qui c’è più spazio per me, la misantropia mi spinge a cercare un altro rifugio. In fondo basta svoltare al primo angolo nella prima stradina per ritrovarsi solo.
– Spesso mi sento sola, sai. Con nessuno mi riesce di parlare come faccio con te, se ti parlo si sciolgono i nodi, quasi tutti- E sorridi mentre le tue parole m’inseguono ovunque: in un modo o nell’altro sei venuta all’appuntamento.
– Quando ero bambina non uccidevo nemmeno le formiche…
– Ormai è tardi per pensare ad un figlio
– Se avessimo messo al mondo una creatura, sarebbe stata femmina. Una bellissima bambina…una bambina…
Sono sbucato da un’altra parte, in vista del Castello Maniace, qui di turisti neanche l’ombra. Poggio le spalle contro un muro e giro lo sguardo intorno lungo tutta la marina piena di sole: non sto male anzi mi ha preso una sottile e dolcissima euforia. Nella memoria si è acceso un altro lungomare, opposto e uguale a questo, un’altra acqua fatta di sale e di mulini a vento. Là c’è un paese bianco sotto il monte che guarda lontano le Egadi: un’illusione d’azzurro. Là vagabonda ancora, stordita, la mia fiducia nella vita e nell’amore. Mi fa una tenerezza infinita, ha i capelli bianchi come i miei ed è ancora molto bella. Sono prigioniero di me stesso, mentre l’accarezzo con gli occhi, lei continua nel suo incedere lento e leggero, io la guardo mentre si allontana sempre più…potrei perderla per sempre o per sempre rimpiangere di non averla fermata, di non averle detto che non mi è costata fatica rincorrerla fino a dimenticarmi di me.
– Aspetta! E’ questo il luogo e il momento, non ce ne saranno mai altri, fermati!
Lei si volta… e non c’è più nulla fra la mia idea e il sogno, nemmeno questi veli che stanno scivolando sui suoi fianchi. Sei tu! Proprio tu! E’ questo dunque ciò che si prova davanti ad un fantasma: non è uno stare bene o male, è una marea di sensazioni e di parole quella che mi travolge. Anni d’idee e di sogni trattenuti a stento stanno qui, sul ciglio di questa baia, in bilico tra la sorpresa e il rammarico di non saper fermare per sempre tutto questo. Immobile non so che fare. E’ la stessa sensazione di trent’anni fa ed io non credevo che potesse raggiungermi ancora, eppure è accaduto. Perché sei venuta? Perché ora? Vuoi stabilire, in modo definitivo, una priorità, un possesso che t’appartiene? Te lo domandai chiaramente, ed era inverno – Ma tu mi ami?- – Non lo so…-
Eri pallida, quasi rassegnata e mi guardasti andar via. Guarda ora, principessa, che magnifico palcoscenico c’è toccato stamattina. Io non ho più alcuna malinconia da raccontarti, nessun bacio da chiederti che tu non mi abbia già dato. Credevo d’esser arrivato fin qui per un commiato finale all’altra metà del mondo, mi ero già scritto il discorso senza considerare la disponibilità dell’uditorio. Ma adesso che siete ferme, intorno a me, e mi osservate attente, donne, bambine, ragazze di un tempo, madri di oggi, fidanzate e amanti, appassionate o disilluse, abbandonate o perse, non mi lascerò sfuggire l’occasione. Ho molte cose da dirvi…non riuscirò a dirvene compiutamente nessuna! Spero che, per intuito, capirete ugualmente, se così non fosse non ditemelo, vi prego, lasciatemi l’illusione che ci siamo compresi. Mi aiuterete ad andare lontano.
Il sole è salito quasi allo zenit e questa terra è trasfigurata dal caldo. Ho le mani pulite finalmente e completamente vuote, come le strade d’Ortigia a quest’ora. Forse oggi che l’armonia ci possiede potreste seguirmi, almeno una volta, sul filo della vita che ci corre incontro. – Non baciarmi- – Ti amo. -Non voglio, non posso, stare con te. – Lasciami in pace! – In qualche modo ti ho amato, sì ti ho amato. – Non lo so. – Buonanotte mio sogno proibito. – Mi piace parlare con te, mi è sempre piaciuto.

Guardate, le parole trascolorano: è rimasto il vostro sorriso, una pausa breve prima dell’ultimo salto. Ora tocca a voi: conquistate almeno una volta la mia solitudine. La luna liquida e le stelle fitte nel nero della notte ansiosa sono storie passate, parole vuote, di plastica, ma il silenzio del cuore nei giorni in cui il riso c’era compagno spietato e beffardo è un racconto molto vicino. Vi prenderò, un giorno, in una prossima vita, in una città diversa, dietro un altro angolo; nella danza che avete lungamente negato sarete travolte anche voi. Non potrò riderne e non vi darò il veleno acuto che ha gonfiato i miei giorni. L’orologio sta girando in fretta, troppo in fretta, non è più il momento di stupide ripicche. Le ombre si stanno allungando, io con esse e finalmente non è più tempo di demoni, né di angeli. Fra poco sarà la fine del giorno e io voglio che la sera mi trovi ancora una volta, come sempre: aggrappato al cielo.

venerdì 11 settembre 2020

MEZZORA PRIMA

Credeva di averne di più. 
A dir la verità non lo aveva mai considerato: il suo tempo nel tempo che viveva giorno dopo giorno. Pur avendolo riempito di un'infinità di cose inutili e lunghe, anche sacrificandolo ad una quantità di altri tempi diversi per fogge e prospettive, pensava di averne davanti ancora una misura praticamente infinita. Aprendo la porta dell'ascensore e premendo il tasto del piano quest'idea sottile cominciò a crescere dentro di lui: il tempo, il suo tempo a scadenza. Giunto al piano chiuse la porta del mezzo ad altre considerazioni scomode, aprì quelle dell'ufficio ed entrò. La decisione di prendere subito il caffè lo sorprese: era un gesto che stravolgeva le sue abitudini, non era nei programmi, non era nemmeno nella sua testa. Da dove veniva allora? La sua vita da moltissimo tempo aveva assunto a buon prezzo quel meccanismo autoregolante che serviva a non mettere niente in discussione: un'omeostasi esistenziale perfetta. E inutile.
- Faccia un caffè signorina, per favore. - Caffè dottore?
- Caffè Irene, un caffè. E me lo porti qui, per mezzora non ci sono per nessuno.
Il tempo riaffiorava lentamente ma con progressione costante; anche lì in quella stanza dove non aveva mai avuto cittadinanza, si ripresentava senza appuntamento. Era sgarbato. Trovare qualcosa per riempire il vuoto che riapriva scenari così lontani da non considerarli più personali, ecco cosa doveva fare assolutamente. Il vuoto si allargava e lui lo guardava immobile. Scrivere! Scrivere era la terapia giusta: lo aveva pensato quasi per sbaglio, non ci credeva fino in fondo. Scriveva da sempre senza pensarci, come un gesto fisiologico, solo un aspetto dell'equilibrio più vasto che governava la sua vita. Un breve cigolio alla porta indicò il caffè e il sorriso impacciato di Irene appresso a quello.
- Ecco dottore
- Lo lasci lì.
Pensò poi di non aver ringraziato come faceva abitualmente, evidentemente nulla quel giorno era usuale, nulla prevedibile. Accese il computer e guardò lo schermo luminescente per un attimo lunghissimo. Scrivere, provare a scuotere la patina di sottile e persistente condiscendenza all'impossibilità di comunicare al mondo che nonostante tutto egli esisteva. Un argomento! Gli serviva un argomento, qualcosa che suonasse con quel timbro inconfondibile che solo la vita vera possiede. Mandare in pensione l'anima dei giorni non era stata una buona idea, lo capiva adesso in quella stanza che non possedeva alcun appiglio per credere a una sequenza non meccanica dei gesti e delle parole. Il viso della ragazza gli entrò in mente improvvisamente, chissà da quanto tempo era seduto in un angolo silenzioso, i sorrisi non crescono mai senza una fede, senza un altro sorriso più intimo. Questo adesso gli galleggiava davanti e tutto il resto uscì sulla tastiera quasi in un fiato.


Imparai da bambino a centellinare
la magia che una ragazza
sparge attorno a sé.
Scivolare tra le pieghe di un suo
sguardo,
assaporare poi, nel ricordo
di un’ora dopo, l
a trasparenza di una mano,
il particolare timbro di un silenzio,
gli altri mondi
soltanto accennati in un volgere del capo.
Ti osservo ancora a quel modo
e tu giochi a far finta di non saperlo.
Imparai da ragazzo a rincorrere
la diaspora di pensieri
che una donna porta con sé.
Ed è così che non ho mai scordato
il primo stupore di te.
Un po’ di quella magia ancora s’insinua
tra noi
come una carezza di seta
al termine di questo giorno.

Aveva finito. Togliere la sordina ai propri pensieri lasciava nella testa una tabula rasa inaspettata e felice: bisognava soltanto lasciarla correre questa nuova sensazione, avrebbe raggiunto la ragazza e il suo cuore, i sogni di una vita diversa e di un tempo diverso. Era così facile, come non averci pensato prima? Facilissimo, leggero ed esaltante. Lo avrebbe rifatto! Tutte le volte che voleva lo avrebbe potuto rifare.
- Signorina sto uscendo. Telefoni a tutti e sposti gli appuntamenti al pomeriggio.
- Dottore ma...
Non si accorse dell'ascensore, dei tasti, dei piani, della gente. Non aveva tempo, non poteva perdere tempo. La macchina lo investì dieci metri dopo il portone mentre attraversava senza guardare per raggiungere il posteggio: un secondo prima di morire pensò che il tempo si era ripreso tutto, poi fu solo buio. Coloro che accorsero videro un cadavere sorridente di traverso sull'asfalto.
- Ma non è il dottore che lavora qui? Avete chiamato un'ambulanza?

mercoledì 2 settembre 2020

COVID 19 - una vita diversa

Niente sarà più come prima, questa epidemia non è solo un fatto clinico ma un tracollo sociale economico esistenziale di dimensioni planetarie. Si è fermato tutto e nel silenzio e nello spazio temporale improvvisamente dilatato, dovremmo trovare finalmente il tempo di mutare prospettive e dedicarci finalmente a ciò che veramente conta. Ho già detto che le pubblicazioni su questo blog sono tutte programmate, io voglio così, il grande silenzio che si è steso su noi tutti ci serva da lezione. Ne abbiamo bisogno.