lunedì 30 settembre 2019

L'ABISSO

Ho esagerato, lo faccio spesso ma dentro quella vertigine che mi prende si nasconde l’abisso: da qualche giorno cammino costeggiando un luogo strano e pericoloso, credo di averlo sfiorato altre volte in questi ultimi anni ma adesso ho deciso di visitarlo con morbosa attenzione. 
Mi fa paura ma mi intriga ancora di più. Sono certo che mi appartiene così come mi appartiene il senso di vuoto cosmico che aleggia sulla mia testa da sempre. In questo redde rationem ci sono molte componenti, il blog con le sue vite in vetrina non ha meno peso dei miei pensieri in solitudine. E’ una sinfonia di voci finalmente indistinta e paritaria. E’ il suono che per un attimo breve si è fatto possedere dalla mia mente dopo avermi attraversato per anni. E’ la mia fine ed il mio inizio ciclico. Siamo finiti tutti e facciamo finta di niente: alcuni di noi continuano a rassettare il proprio universo, io tra loro, a cullare con gli occhi il segno del proprio peso sull’esistenza. Ma è tempo perso perchè ci aspetta il tempo nuovo, le nuove stagioni della nostra maturità assoluta che prenderà il posto di questa finta giovinezza disordinata e ci inchioderà al sapore perfetto di quello che siamo stati. Ho finalmente guardato dal ciglio del mio territorio ed ho scoperto che è senza confini e che è mio solo per uno scherzo ludico: è nostro! Di tutti e di nessuno. I totem del nostro pensiero politico, sociale, culturale, i piccoli grandi segni delle nostre consuetudini giornaliere, i nostri amatissimi tic e le parole, infine, le nostre note personali e inconfondibili….confuse anch’esse. 
Nell’abisso che si è aperto davanti ai miei occhi bisogna avere il coraggio di guardare. E’ rotolato tutto lì e si sta riciclando nel segno di uno sguardo segreto che prima o poi ci verrà regalato una tantum: faremo finta di non riconoscerlo, è necessario per continuare a vivere, per raccontare e raccontarci le medesime vecchie e dolcissime storie davanti al mare e alla terra …saremo sotto lo stesso cielo in attesa di segni nuovi e nuovi ricordi. Il marasma grezzo e spinoso di questi anni negati alla verità e dedicato invece alle bugie fanta commerciali di spread, ideologie, insulti e strategie mondiali, crollerà su se stesso. Si rivelerà per ciò che veramente è: una fantastica e ridicola presa in giro. Saremo già morti o risuscitati, non importa, saremo davanti all’abisso che ci governa da sempre e con esso finalmente ci confronteremo. Saranno l’amore, la poesia, l’aria e l’acqua di cui siamo fatti a sostenerci davanti al tribunale dei nostri giorni perenni, e sarà bellissimo e giusto riconoscerci nel segno antico e profondo della nostra vera essenza. Continuerò a scrivere, non faccio nessuna fatica: incredibilmente sono tornato ai miei anni giovanili, quelli del flusso inarrestabile e sfrontato, continuerò a scrivere anche riscrivendo, continuerò a scrivere rileggendo poichè la lettura è scrittura, continuerò a fare ciò che voglio come voglio e quando voglio. Nessuno di noi ha limiti, dovremmo una volta per tutte accettare la fantasia e i voli di tutti, solo i nostri pre-giudizi hanno creato questo insopportabile mondo virtuale più scemo e bigotto di quello reale. Incredibilmente stiamo mettendo malamente in pratica l’antico motto latino – Est modus in rebus- con modi prefabbricati e taroccati che delle cose non sanno nulla. La moderazione è lo specchio della nostra assoluta mancanza di cultura e della inciviltà spacciata con spocchia per libertà d’espressione. 
Nell’abisso che sto guardando sotto di me ci sono anche tutti questi inaccettabili orpelli di cui la blogosfera è piena, la riedizione stucchevole di un mondo falso e pettegolo pieno di invidie e senza un briciolo di vera gioia. Io quando leggo certi blog mi illumino e godo non provo altro che piacere, non penso subito dopo a inficiarne l’armonia, penso invece a seguirne le tracce. Mi capita di tanto in tanto di ricevere delle delusioni ma adesso ho imparato finalmente a sorvolare: apro le ali e guardo le cose, anche le mie, da una prospettiva diversa. E tutto diventa più chiaro e più giusto: la libertà va propagata, amata e protetta, quella intellettuale dello scrivere ne è la grande madre. Chi scrive su un blog, di qualsiasi argomento scriva e con qualunque attitudine lo faccia deve innanzitutto diffondere libertà , questa è la mia fede. Scrivo di essa, mi appartiene. L’etere ci comprende tutti, anche quando di noi non resterà più nemmeno un brandello di post smozzicato.

mercoledì 25 settembre 2019

BURQA

Parlare di islam oggi in rete senza il pericolo di uscire ad ogni momento dal seminato concettuale e non finire come sempre nell’infinito refrain del “noi siamo migliori di voi”, sta diventando difficile. Perché semplicemente guardare i fatti e i numeri è difficile da sostenere ed è invece molto più utile, comodo proficuo appoggiare certe chiamiamole posizioni nei confronti dell’islam. 
Ho scritto varie volte in questi anni che l’islam è il medioevo istituzionalizzato e questo aggettivo fa una differenza profonda con la situazione in occidente. Da noi persistono vergognosamente e si ripetono fatti che vanno contro le leggi dello stato, fatti legati evidentemente a convenzioni sociali e mentali profonde che non hanno ancora fatto breccia in modo totale tra i cittadini; la legge sul delitto d’onore in fondo è stata abrogata da poco (1981) ma adesso quella legge non c’è più…è rimasto diffuso in certi ambienti il senso di proprietà nei confronti della donna è vero ma la legge cui appellarsi NON C’E’ PIU’. E questo non è un fatto da poco, è molto importante invece. La società islamica ( diffusa ampiamente in vaste regioni del pianeta) è sovrapposta al dettato religioso, ne è palesemente una fisiologica emanazione; lo dicono i fatti, la storia, i numeri, il fatto che dovunque ci sia una comunità islamica si ripetono sempre le stesse dinamiche. Gli stati islamici sono TEOCRATICI signori miei, basta leggere con un minimo d’attenzione le cronache degli ultimi decenni. Gli stati occidentali lottano da secoli contro questo concetto avendo come obiettivo la creazione di una società e di leggi che abbiano alla base il principio opposto: la laicità. Se non si comprende questo concetto qualsiasi discussione è falsata nel fondo. Le valutazioni che tendono ad escludere la radice religiosa da certi atteggiamenti significano a mio parere che il lavaggio del cervello e la comodità ideologica che fa riferimento ad un certo trend ormai avviato, hanno ottenuto il loro scopo: l’slam che è molto più semplice e aggressivo ideologicamente, ci sta conquistando e non trova resistenze nemmeno in quelli che, maschi o femmine, dal suo propagarsi ne riceveranno i maggiori danni. A proposito di cose dette pane al pane e vino al vino, a proposito di discussioni stantie e false, a proposito della mia idea che, in quanto mia, difendo con tutto me stesso... Una delle cose che non digerisco della sinistra e delle donne di sinistra è il silenzio complice e prolungato, la mancanza di scandalo adeguato al problema della donna nel mondo islamico. E' una storia per me lunghissima, uno dei motivi che mi hanno convinto da 20 anni a prendere le distanze chiaramente da un certo tipo di ambienti cultural chic. Ma non c'è verso. La situazione dura così da anni e anni: non conta vedere riproposte di tanto in tanto immagini orribili di donne ridotte in schiavitù e uccise come bestie da macello. Oggi spesso da più parti e anche nei blog di tendenza e politicallycorrect il sistema più usato è il silenzio oppure la rispostina già pronta e preconfezionata " anche l'occidente usa e sfrutta le donne". Vedo anche oggi riprodotte sul web e sulla stampa " che conta" le stesse minchiate ipocrite e strumentali: di alcuni argomenti che discendono da concetti fondamentali quali famiglia, diritti uguali uomo-donna, diritto allo studio, laicità dello stato ed altri ancora si parla, sempre a sinistra, con le molle. Quasi si abbia paura di offendere qualcuno, di ostacolare certe strategie di fondo. Le femministe, che ai miei 17 anni mi mandavano affanculo dichiarandomi stronzo maschilista per difetto genetico e familiare, non fanno mai nulla per le donne schiave dell'islam, non piantano mai casini infernali nei loro ambiti culturali, non scrivono e non dimostrano mai sui loro blog, nei loro cortei. Le donne di sinistra sono troppo colte e troppo false per parlare fuori dai denti del medioevo importato in Europa assieme al burqa. 
Però sono anche amanti della musica rock e della libertà sessuale conquistata a fatica negli ultimi decenni: sono certamente e giustamente in prima linea contro quel cancro diffuso nella nostra “bella e luminosa civiltà” che va sotto il nome di femminicidio. Penso che dovrebbero riflettere con maggiore attenzione alle premesse culturali e religiose che sottendono questo fenomeno: senso e diritto al possesso del corpo femminile in esclusiva e sua sottomissione. Non vedete che si affaccia l’Islam e il suo Burqa? Come fate a non vederlo? Torniamo alla musica, ai suoni che hanno nutrito la mia adolescenza e i miei ventanni ( sospiro). Cosa hanno colpito i terroristi islamici? Giornali ( ma lo facevano anche fascisti e nazisti) e locali pubblici come il Bataclan! Un locale di concerti, sex drugs and r&r: si faceva musica e c’erano ragazzi che amavano quel tipo di musica, la stessa che ho amato io e amo ancora…. ma io sono uno stronzo che non crede alla fratellanza universale per partito preso. I giovani europei che vanno ai concerti rock, rischiano di essere giustiziati; poco male ragazzi vi faranno un funerale laico (ma lo sapete cosa significa il termine?) così non verrete infangati nel ricordo di una religione che ormai sconoscete e ci sarà anche un imam a tenere il discorsetto affermando che queste cose sono riprovevoli e non si fanno. Ma nessuno vi dice che la musica per l’islam è un espressione demoniaca, la pittura e la scultura anche. Resto uno stronzo. Il novanta per cento della nostra civiltà è in rotta di collisione con l’islam, per un musulmano vivere in occidente da cittadino normale significa ipso facto abiurare alla sua religione; chi si deve adeguare al laicismo sempre più imperante in Occidente? Anche questo è un argomento tabu’. Noi con le ragazze seminude che fanno l’amore quando vogliono e se ne fottono di molte delle cose che a Bagdad sono invece fondamentali? Noi con il rock , la satira, i quadri che rappresentano santi madonne e Dio (Michelangelo docet) siamo tutti da convertire? Ci avete mai pensato? Oppure visto che avete dai sedici in su tra uno spinello una birra (bevete come porci infedeli), una mano sulle tette della ragazza vicina che magari andrete a scoparvi prima del matrimonio, ci avete mai pensato? E non avete nessuna intenzione di pensarci questa è la verità!. fondo dobbiamo continuare a vivere come ci pare….per quanto tempo ancora? Non dobbiamo farci intimorire…ma farci raccontare balle (chiamiamole così) è lecito, ci fa più belli civili e comprensivi. Di tanto in tanto possiamo scrivere post pieni di sentimento, in linea col dettato ideologico dominante, post che hanno lo stesso significato della Tour Eiffel illuminata una sera sì e l'altra pure con i colori più vari. Post che ne hanno la stessa efficacia. Il web è come al solito una delusione per me. La stessa degli altri media dove pare diventato impossibile usare una logica o un’analisi anche solo elementare nei confronti di alcunché: nella gran parte dei casi riusciamo solo a fare chiacchiere da bar, a manifestare la forte tentazione di mandarci affanculo che risolviamo poi in zuccherosi complimenti alla nostra comune buona civiltà. Mi immalinconisce tutto questo, mi da molto fastidio che i discorsi sull’islam non dicano mai nulla chiaramente su diritto allo studio, diritto alla salute, libertà di pensare e vestire, uguaglianza sociale e sessuale. Perché il problema è lì, i numeri dicono questo. Una volta potevo capire che l’ignoranza diffusa non permettesse di uscire da certi luoghi comuni ma oggi sentire parlare di islam e sfera femminile in un certo modo da parte di donne che si dicono liberate (anche di scopare con chi dicono loro e trarne un utile economico) o si dicono femministe e autonome, giustamente orgogliose della loro indipendenza, che lottano per un mondo dove il valore enorme della parte femminile del mondo sia riconosciuto nei fatti. Ecco vedere smentito mediocremente tutto questo solo per valutazioni di comodo ideologico o relazionale mi fa veramente incazzare. PS: leggo che l’Ikea ha eliminato tutte le immagini di donne dal suo catalogo per i paesi arabi. Coincidenze? 
Il pezzo che metto qui come sigillo è dei LED ZEPPELIN, la loro starway to heaven non so bene da dove passi ma certo non transita da Medina. Let’s play rock n’roll for ever guys.

domenica 22 settembre 2019

DUE PIU' DUE -

Sono combattuto tra il narcisismo intellettuale di continuare a propormi in rete e il timore che esso mi porti ad una condizione di presenzialismo che credo di non saper gestire. Le mie capacità di socializzazione sono scarse su questo non ho dubbi… E’ un dualismo che io personalmente non ho mai risolto. Sono nato sul cartaceo, ho mosso lì i primi passi, quindi sono passato sulla vera letteratura complice la fornita libreria di casa. Infine sono approdato sull’ipertesto con contatto immediato scrittore-lettore dei blog. Ho nostalgia del primo ambiente, questo mi affascina ma non mi ha mai convinto fino in fondo, credo sia una questione di anagrafe. Il salone grande vista mare c’è già ma lo abito solo io da molto tempo: esiste l’indicazione stradale e ci si può arrivare senza problemi ma non lo fa praticamente nessuno. Raramente qualcuno suona il campanello ma…non ci incontriamo. Purtroppo.

venerdì 20 settembre 2019

CIAO -

Ciao diario virtuale, da qualche giorno ho pubblicato i miei pensieri in altro modo: con l’intenzione, il desiderio ma senza segni scritti. Le strade sono tante, troppe, la pietanza giusta non si trova, che poi non c’è, non c’è mai, esiste solo la fame e tu diario lo sai.

giovedì 19 settembre 2019

SIPARI QUARANTANNI DOPO

Ho scritto molte poesie, alcune a distanza di anni sono restate tali altre sono morte in un abito che non competeva loro. Con tutto quello che ho lasciato negli anni in rete su spazi diversi fra loro potrei vivere di rendita per molto tempo. Perchè no? Copiare e incollare QUI il materiale mio di altri mondi e altri tempi: compiacermene stoltamente e facilmente, dare un ritocchino qua ed uno là, dirmi non male, non male finchè l’eco dei miei passi si perderebbe nello spazio vuoto della mia esistenza. SIPARI resta una poesia. Ha superato il MIO tempo ed è ritornata seriamente al suo posto. Sipari è mia, lei è svanita trentanni fa.

Di mattina ti guardo
anche se da tempo non sei più
qui.
Mi muovo fra le pieghe di quel che eravamo
il viso serio, le labbra ferme,
gli occhi abbassati.
Devo essere uno spettacolo curioso
per chi guarda libero dalla mia malattia
e incomprensibile.
Io attraverso le scene della nostra vita
e c’è sempre qualcosa fuori posto
metto gli oggetti del cuore in modo diverso,
dispongo la curiosità d’esistere in altra direzione.
Ma c’è sempre qualcosa fuori posto
uno spigolo, un grosso armadio, una traccia,
un camuffamento mal riuscito,
un’urgenza crudele,
intromissioni tra un sipario e l’altro.
L’ultima scena è sempre vuota.

martedì 10 settembre 2019

IN CORO

La stanchezza è il segno della mia permanenza qui, una condizione rinvigorita ogni volta che sfoglio le pagine virtuali dopo aver abbandonato per la stessa ragione quelle cartacee. Il web ribadisce la stessa uniformità di atteggiamenti culturali e mentali dei media ufficiali e il medesimo ostracismo per coloro che sono fuori da QUEL CORO in specie. C’è un silenzio (inconsapevole?) che aleggia sul ronzio diffuso di questa gran macchina che si è messa in moto da una ventina d’anni; internet docet, il nuovo libro sacro figlio della gran madre comunicazione imperversa sui nostri sensi.
Il ronzio copre l’enorme massa di utenti, li ipnotizza e li seduce: infine su qualsiasi argomento diciamo tutti la medesima cosa. E’ la nostra felicità, il nostro rifugio e la nostra difesa dal cancro del dubbio. Nonostante l’immanenza di alcune problematiche e la loro continua presenza nel nostro orizzonte comunicativo e culturale io non leggo mai un’analisi seria sulle differenze culturali in divenire tra islam e cristianesimo per esempio. 
Non leggo mai un riflessione attenta sulla condizione femminile nella gran parte dei paesi musulmani riguardo a istruzione, sanità, diritti civili, famiglia etcetc. Non leggo mai di attentati, armi e sangue con il loro codazzo di insulse giustificazioni, a causa di blogger che mettono il Papa all’indice in prima pagina sui loro blog, di prese di posizioni dure e violente per le centinaia di fedeli cristiani massacrati in Africa o di buddisti uccisi dal governo cinese in Tibet. Sono certo che anche voi leggete di altro. Il banner con la scritta “Cave Papam” è scomparso definitivamente dall’ascesa al soglio pontificio di Francesco I e le attenzioni sono semmai puntate sul nuovo corso ideologico- teologico del Vaticano: non c’era da secoli una benevolenza così forte nei confronti di una fede che non fosse quella islamica. Però in un simile idilliaco contesto un regista in Olanda ( la civilissima e libera Olanda ) può essere scannato per strada a causa di un film sulla schiavitù femminile nell’islam, l’ambiente intellettuale di una sinistra dominane in campo culturale non fiata sull’abominevole condizione sociale della donna nei paesi a prevalenza musulmana. Tutti zitti, defilati e silenziosi oppure pronti a giustificare in mille modi questo tipo di situazioni. Tutti e tutti i più intelligenti e progressisti, tutti quelli e quelle che per decenni hanno fatto in Europa un chiasso inimmaginabile contro il Vaticano, i preti, il cattolicesimo, la Fallaci. Pare che gli unici orribili testimoni di un maschilismo schifoso e criminale siano rimasti gli europei post- cristiani (perché il cristianesimo sta scomparendo se non lo avete capito); per tutti gli altri sono pronte decine di perfette giustificazioni etnico sociali , approfondite analisi storiche per le quali e con le quali la condizione femminile nell’Islam “ non è poi tanto peggiore da altre simili sul pianeta”! Un applauso a questo escamotage è il minimo.
Ma io credo che un rogo è un rogo, una lapidazione è una lapidazione, l’impossibilità di adire a una scuola ad un medico per una ragazza, l’obbligo di vestirsi in un certo modo, di non poter uscire se non accompagnata da uno stretto congiunto, la sottomissione insomma completa alla figura maschile di riferimento, siano questioni che attengono ad un solo ineludibile concetto: la schiavitù! La libertà di leggere e informarsi senza rischi per la propria incolumità non ha un colore politico e non può averne neppure uno religioso, non in occidente dove da secoli si consuma lo scontro tra laicismo e religione. Certo i fatti di Charlie Hebdo hanno una valenza particolare, in essi il germe della mancata misura e del rispetto vi ha preso piede ma la stessa ferocia sarcastica nei confronti del cristianesimo in generale e dei suoi rappresentanti non mi risulta che abbia mai indotto nessuno a commettere stragi. Come potremmo analizzare la cosa? I musulmani hanno una fede più vera? Hanno un dogmatismo naturalmente portato verso estremismi cruenti? I cristiani sono solo degli ipocriti o, nel migliore dei casi, delle semplici animelle? Personalmente invece di ascoltare o leggere le improbabili minchiate del rappresentante dell’islam di turno vorrei vedere un confronto aperto con un cardinale o un teologo cristiano. Mi farebbe piacere ascoltare l’opinione schietta di una donna di sinistra magari con una storia di femminismo e liberazione femminile alle spalle su questi argomenti. Utopie, solo desideri incompiuti, i media suonano tutti la stessa musica. E dopo aver ascoltato la sua opinione vorrei osservarne i gesti conseguenti. Una donna occidentale non può in alcun modo favorire il diffondersi della cultura islamica sulla sua terra, è una cosa folle e senza senso che contraddice alla dignità sia personale che di genere. Una donna occidentale può benissimo criticare aspramente i libri della Fallaci ma non può seguire il sentiero che la conduce al suo annullamento come essere umano per ridurla solo a oggetto di piacere riproduttivo. A me sembra un discorso di una chiarezza disarmante…evidentemente mi sbaglio. Non mi nascondo che la mia possa ritenersi un’idiosincrasia o un blocco mentale ma devo comunque tenerne conto perché a tutt’oggi l’atteggiamento dell‘islam nei confronti della cultura generalmente intesa ( letteratura – musica – pittura – etcetc) non l’ho mai digerito. Lo stesso dicasi per quello sul mondo femminile. Non sono mai stato l’uomo che è capace di sorvolare nell’ambito di “più ampie e nobili prospettive”, nelle assemblee e nelle discussioni di una vita non digerisco la propaganda, l’ideologia pelosa e fine a se stessa, le adunate oceaniche e i trend di stagione. Amo il confronto senza remore e la reciprocità. Quest’ultima alla fine è diventata un handicap insormontabile per abbracciare in toto le idee che la sinistra in generale porta avanti da 30 anni nel mondo. Non mi è possibile leggere o ascoltare discorsi sul confronto o scontro di civiltà provenire da pulpiti capziosi e scorretti intellettualmente; non posso più ascoltare la negazione di fatti evidenti o della logica più banale. Io NON amo la cultura occidentale che mi ha generato con i paraocchi e so bene quanti roghi si sono accesi nel vecchio continente dal medioevo in poi: io non voglio ritornare a quella stagione dell’umanità, voglio leggere tutto e di tutto, voglio continuare ad ascoltare la musica del vecchio e del nuovo continente, voglio ammirare senza vergogna i maestri del rinascimento italiano, commuovermi davanti ad un Tiziano o un Raffaello o un Caravaggio o davanti ad un cupola del Bernini. Voglio che il frutto dell’intelletto umano che ha prosperato e si è diffuso su questo mondo continui ad illuminarlo e non accetterò mai per convenienza politica o ideologica il mercimonio e la sudditanza nei confronti di altre culture. Io rispetto non per patito preso ma per analisi e riflessione. La convenienza non ha mai fatto per me sui blog e fuori

venerdì 6 settembre 2019

TRAMONTI A OCCIDENTE

Tramonti ad occidente” è la mia vita. I giorni infiniti, il gelsomino di sera e il profumo del mare sotto l’acropoli. E’ l’eternità di quando ero un ragazzino e il sogno che ancora non si è spento. Tramonti ad occidente è l’unica cosa che ho scritto senza inquietudine, è il mio rifugio dell’anima. Il testo fu scritto molto tempo fa e fa riferimento ad un'emozione e un ricordo di quasi 40 anni addietro. L'ultima volta che vidi Selinunte così come è qui descritta. Tutto il post, ogni suo rigo, virgole comprese è dedicato ai miei genitori. A mio padre severissimo e austero ma capace di tenerezze improvvise: fu lui quella sera a invitarci a correre a piedi nudi sulle stoppie secche attorno ai templi. Ci disse - devi imparare a conoscere la tua terra dalla sua terra- A mia madre che nella foto appare quasi trasognata col vento nei capelli: capii allora quanto l'amasse mio padre mentre la guardava camminare mentre noi le sfuggivamo di mano. Loro dentro di me ci sono ancora.

Tornare là dove tutto era iniziato significava rincorrere le voci, sorridere con gli occhi socchiusi all’incantamento che ci aveva estraniato dal mondo e guardare nel fitto del nostro iniziale respiro. Selinunte era un’ampia falce di sabbia dorata che terminava con un basso promontorio di terra e roccia. Selinunte erano le mie estati di bambino, una magia che non si sarebbe ripetuta mai più. Di questo luogo conoscevo ogni pietra, ogni goccia del mare, persino i ciuffi di rosmarino e cardo selvatico mi erano amici. I miei compagni di scuola in Lombardia, alla fine dell’anno, si sentivano dei privilegiati perché si trasferivano sulla riviera romagnola o sulla costa ligure. Li compativo, io ad ogni estate facevo il bagno con gli antichi Dei di questa terra; mi lasciavo accarezzare dall’acqua turchese mentre i piedi giocavano con la sabbia bionda e granulosa. In questo mare avevo imparato a nuotare e, quando m’immergevo, scoprivo poi le colonne rosee dell’acropoli attraverso il filtro acqueo sui miei occhi un attimo prima di riemergere. In questi posti io, fin da bambino, sono stato spesso scambiato per uno di quei turisti del nord, gli unici snob che per decenni sono discesi sino all’anticamera dell’Africa soltanto per visitare l’area archeologica. L’affetto per i luoghi della mia infanzia addolciva la mia naturale misantropia. Sapevo con assoluta certezza che era l’ultima volta che avrei potuto incontrarli, l’ultima occasione per sentirli nell’intimo delle mie fibre così come essi erano sempre stati per me. A volte è una questione d’odori nell’aria e capisci, in un momento, che il tuo sentimento per un luogo sta per cambiare in modo ineluttabile. Puoi disperarti o far finta di niente, ma io, seduto ad un tavolo del bar Lido Azzurro, di lì ad una settimana sarei stato un altro in un altro luogo e in un tempo diverso. Questa certezza mi dava un disagio profondo, non avevo alcun potere, alcuna voglia d’impedire la metamorfosi. Perché avrei dovuto far sopravvivere un simulacro di Selinunte, dei miei quattordici anni, del mare sotto l’acropoli? Per inorridire tra uno o due decenni dinanzi alla maschera grottesca che sarebbero diventati? Esiste un accanimento terapeutico anche per le emozioni, i sentimenti, i ricordi: è questione di scelte, io avevo deciso che questo luogo sarebbe scomparso con me e sarebbe stato per sempre solo mio. Molti anni prima, in un tardo pomeriggio uguale a questo, avresti visto quattro persone camminare lentamente lungo la stradetta che attraversava la zona archeologica. L’ordine del drappello era sempre lo stesso: mio padre in testa, davanti a tutti di almeno una decina di metri. Poi mia madre, guardinga e speranzosa di un ritmo di marcia meno baldanzoso. Infine io e mia sorella, occupati a sciamare ovunque in ordine sparso. “Passeggiate in famiglia” erano chiamate ed erano ogni volta un’avventura diversa attraverso le rovine dei templi dorici della collina orientale, le pietre ammucchiate come pugni di sale bianco sopra un poggio che guardava il mare. Cominciai ad affrettare il passo, il sole aveva iniziato la sua discesa…mi parve di sentire la voce di mia madre… Mi fermai, come facevo allora, per raccogliere una lumaca attaccata ad uno sterpo rinsecchito. Perdevo tempo dunque e restavo indietro, allora come adesso. Immobile davanti al tempio adesso il silenzio era assoluto, con la mano cercai la fotocamera dentro la tasca del giubbotto. Sulla pelle scorreva un brivido sottile, un’emozione vera: come da bambino questo silenzio era il segno premonitore del miracolo che mi attendeva fra le rocce. Le colonne si andavano colorando di un rosa più intenso rubato al sole che, sempre più grande, era ormai quasi sopra il Baglio Bonsignore. Dovevo muovermi più in fretta. D’ora in poi il tempo avrebbe mutato nell’intimo la sua essenza. I minuti, i secondi potevano dilatarsi o coagulare gli uni sugli altri senza uno schema logico prevedibile. Quarantanni prima, per mio padre, era molto più semplice: una sera dopo l’altra l’estate lunghissima gli regalava opportunità continue di vivere senza fretta. Dopo la sosta al tempio E, ancora pochi passi e tutta la famiglia giungeva sullo spiazzo delle rovine del tempio G: un’enorme quantità di blocchi di pietra grigia, un groviglio inestricabile e confuso di rovi, terra e resti architettonici popolati da gechi e insetti. Dell’immensa struttura restava il perimetro d’alti gradini ed un’unica alta colonna interna, levata come un dito ammonitore e misterioso. Era chiamata da sempre “lu fusu di la vecchia”. Le voci mi raggiungevano nuovamente… e, mentre salivo per un sentiero fra le pietre, mi raccontavano per l’ennesima volta di com’erano le cose prima e non fossero più. Il silenzio era sempre più assordante. Percorrevo, da solo, la vecchia strada ed ero stupito di come niente fosse cambiato: le gambe sembravano muoversi in modo autonomo. Mi fermai. Attesi un momento ma le voci erano scomparse, lontano da molto tempo, questo pellegrinaggio iniziato da solo, in solitudine doveva finire. Avanti per qualche metro: ero proprio sotto lufusu e le ombre diventavano sempre più lunghe. Altri passi veloci… finalmente “la seggia” era davanti a me! Per uno strano e insondabile caso questo pezzo d’architrave, crollando dall’empireo della sua alta funzione, rotolando e spezzandosi assieme alle migliaia di altri blocchi di pietra, era rimasta in cima al mucchio. Superba e insensibile agli insulti del tempo, capovolgendosi, si era sistemata come un divano di foggia avveniristica sopra tutti i resti della gloria ellenica. Arrampicandomi poggiai infine le spalle sullo schienale di pietra: era ancora dolcemente tiepido per il calore accumulato durante il giorno. Ma, ora, non c’era più tempo per riflettere: lo spettacolo stava per iniziare. Il cielo terso, immacolato, da azzurro era diventato blu intenso.Io, seduto nella mia poltrona, vidi comparire la prima stella: Venere mandò un lampo di luce e cominciò a brillare come un gioiello. Il sole, largo e arancione, s’era portato sulla verticale dell’acropoli, il suo disco, diventava nella parte inferiore, di un rosso carminio, come fosse venato di sangue.Non c’era più luce, piuttosto un riflesso interno e luminoso che aveva vita propria. L’astro scese tra le colonne del piccolo tempio dell’acropoli che erano diventate tanti minuscoli aghi neri, rilevati sullo sfondo del
cielo e del mare. Adesso avevano entrambi un’impossibile tinta color indaco. Mi girava la testa. Non vedevo nulla, ma sentivo tutto con precisione assoluta. Poi, all’improvviso, questo stillicidio cromatico e temporale divenne un urlo viola. Il disco solare emise un respiro tagliente di luce rossa e il tempo si fermò. Tutto immobile il cielo, la terra su cui posavo i piedi, il sole pronto ad essere inghiottito dal mare, le pietre dei templi e l’aria con il suo sottile aroma di rosmarino. Io ero lì, come il bambino di vent’anni prima e l’uomo di adesso. I miei ricordi d’infanzia legati ai pensieri da vecchio che rigiravo nella testa.Ogni cosa al suo posto, sospesa, perfetta nel suo significato più intimo, senza alcuna necessità di collocazione temporale. Probabilmente era questa l’eternità, quella parte di metafisico che ognuno di noi possiede e che spesso chiamiamo anima; il desiderio struggente che divora la nostra vita come un’amante irraggiungibile. Mi invase un benessere calmo, profondo ed io lo assaporai fino in fondo, le braccia allargate e la testa reclinata all’indietro: poter riflettere e finalmente capire come si era chiuso il cerchio della mia vita, cosa avevo fatto e cosa ero diventato. Furono le cicale a segnare la fine dell’incantesimo, a farmi scendere dal divano di pietra. Attorno al tempio camminavano tranquillamente mio padre, mia madre, mia sorella; la famiglia di nuovo unita e fu molto bello tornare ragazzino, con loro.Quella notte, seduti sul grande capitello rovesciato, abbiamo ascoltato con attenzione le molte storie, le piccole grandi avventure narrate da mio padre. Il firmamento era un enorme puntaspilli di velluto nero pieno di stelle e galassie. Fu eccitante osservare una luce mobile che attraversava lo spazio sopra di noi: un aeroplano? Forse un satellite? Più probabilmente lo sguardo divertito degli antichi Dei che osservavano il nostro formicolare quaggiù sulla terra. Papà, sono certo che anche tu ricordi le notti in cui stavamo tutti con il viso in aria a farci accarezzare dal vento tiepido che veniva dall’Africa. Esse non sono trascorse per sempre, sono soltanto andate altrove a raccontare di noi quattro e dei nostri stupori.

PRIMA E DOPO -

I blog furono una scoperta e, giuro, li ho vissuti abbastanza bene per un certo tempo: poi è accaduto qualcosa che io non ho saputo gestire e sono stato travolto dall’immondizia. Ma io scrivo per liberarmi da un peso, scrivo perchè è un gesto naturale per me… se ci pensate anche voi fate lo stesso quando commentate e interloquite con me: liberate il bisogno di comunicare emozioni, cioè rappresentate lo spirito vero dei Blog.

lunedì 2 settembre 2019

A MARGINE.


A margine
Sto qui sul confine tra lettura e comprensione
privata.
Non è detto che la visione dal margine sia
meno profonda.
Da dove viene la musica sottile che hai lasciato
sull’uscio della tua scrittura?
L’immagine , la stanza
la tenda,
la vita
non sono lì per caso.
Non traduci
non traduco
i margini son fatti
per sfiorarsi,
gli alfabeti sono andati altrove
qui solo emozioni.