Un grido che fa rumore. Ma non verità.
“Genocidio.”
È la parola che da settimane rimbalza tra talk show, piazze, post social e aule occupate. Una parola devastante, che dovrebbe essere usata con cautela, pesata sul filo del diritto internazionale.
E invece, in Italia, è diventata uno slogan da applauso facile.
Genocidi riconosciuti o storicamente accertati
Genocidio degli Armeni
Olocausto (Shoah)
Holodomor (carestia in Ucraina sotto Stalin)
Genocidio in Cambogia
Genocidio del Ruanda
Genocidio di Srebrenica (Bosnia)
Genocidio degli Yazidi (da parte dell’ISIS)
Genocidio degli Uiguri (Cina)
Il copione è pronto. Basta recitarlo.
Negli studi televisivi, lo schema è collaudato:
giornalisti ideologicamente allineati,
ospiti selezionati,
una lacrima sul volto e la condanna è servita.
Chi prova a raccontare il 7 ottobre? Zittito.
Chi osa nominare Hamas? Ignorato.
La complessità non ha spazio tra una indignazione programmata e un collegamento da Gaza filtrato da chi controlla tutto: Hamas.
I numeri fanno audience, non domande.
Il Ministero della Salute di Gaza diffonde bilanci quotidiani.
Li rilanciano testate italiane e politici progressisti come se fossero dati neutrali. Ma sono redatti da un organo controllato direttamente da Hamas, lo stesso gruppo che ha usato ospedali, scuole e ambulanze per nascondere armi e uomini.
Eppure, nessuno si chiede perché i “bambini uccisi” abbiano spesso 16, 17 anni, in zone dove i combattenti non portano uniforme.
Nessuno mette in discussione quei numeri. Perché servono. Perché colpiscono. Perché indignano.
Israele non ha commesso un genocidio.
A dirlo non è solo il buon senso giuridico, ma anche l’assenza di qualsiasi sentenza internazionale in tal senso. La Corte Internazionale di Giustizia non ha mai condannato Israele: ha aperto un procedimento su richiesta del Sudafrica e chiesto misure precauzionali, senza accertare l’intento genocidario.
Il termine “genocidio” implica la volontà di sterminare un popolo in quanto tale. Israele, pur conducendo operazioni militari devastanti a Gaza, ha dichiarato come obiettivo la distruzione di Hamas, non del popolo palestinese. Le azioni – avvisi ai civili, corridoi umanitari, pause nei combattimenti – lo dimostrano.
Le vittime civili, tragiche e numerose, non bastano a qualificare un genocidio. I numeri diffusi da Hamas sono opachi, gonfiati, e includono spesso combattenti tra i civili.
Usare il termine “genocidio” a cuor leggero non aiuta la causa palestinese: la trasforma in strumento di propaganda e disinformazione.
L’ipocrisia ha sempre la stessa firma
La sinistra italiana – parlamentare e universitaria – è la prima a sventolare lo stendardo del “mai più”.
Ma se le vittime sono israeliane? Silenzio.
Se gli aguzzini sono miliziani islamisti? Deviazione.
E così si arriva al paradosso: proteste per Gaza nelle città italiane dove si bruciano bandiere d’Israele ma non si nomina mai l’Iran, non si condanna mai la Cina, non si tocca mai la Russia.
Tre regimi che:
armano Hamas,
inquinano più dell’intero Occidente,
reprimono ogni libertà.
Ma disturbano la narrazione.
E allora: invisibili.
Le università occupate: ideologia contro pensiero
Negli atenei italiani, gli studenti hanno preso i chiostri in nome della Palestina.
Striscioni, boicottaggi, proclami. Ma zero riferimenti alle vittime israeliane. Zero domande sulla sorte delle donne e dei dissidenti sotto il controllo di Hamas.
Non è militanza: è recitazione politica.
Una parodia tragica della coscienza.
Chi paga davvero il prezzo?
Il boicottaggio colpisce le aziende israeliane dove lavorano anche palestinesi.
L’indignazione contro il gas israeliano sposta i contratti verso il petrolio russo.
L’attacco all’“apartheid” israeliano rafforza la presa di Hamas sui civili di Gaza.
Il risultato? La sinistra voleva aiutare i più deboli. Ha aiutato i più pericolosi.
Il dolore non è una bandiera
Le guerre vere non si combattono a colpi di post, né con i titoli a effetto.
Chi ha trasformato il conflitto in una campagna ideologica ha scelto di usare i morti come strumento, non come motivo di riflessione.
E mentre si grida al genocidio con leggerezza, mentre si applaude chi piange solo da un lato, la verità affonda nel fango della retorica.
Il vero danno non lo fa chi sbaglia. Lo fa chi finge di sapere tutto, e invece recita.
E oggi, in troppe redazioni, la guerra è solo il pretesto per l’ennesima rappresentazione della solita ideologia.
Luigi Giliberti
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