Libano, Siria, Giordania: i rifugiati palestinesi vivono da decenni ai margini, esclusi da diritti, lavoro e cittadinanza. Eppure gli stessi Paesi che li discriminano accusano Israele di apartheid.
Da oltre 75 anni i rifugiati palestinesi sono i fantasmi del mondo arabo: invisibili nei diritti, segregati nei campi, evocati solo quando servono a puntare il dito contro Israele. È la grande ipocrisia della regione: mentre a Gaza si urla al "genocidio", in Libano, Siria e Giordania, la popolazione palestinese è trattata come un corpo estraneo, utile solo per la propaganda.
Eppure, nei talk show e alle Nazioni Unite, quei Paesi arabi che li umiliano si dichiarano ancora "fratelli" del popolo palestinese.
Ma i numeri e i documenti raccontano una storia diversa: quella di intere generazioni senza cittadinanza, senza diritti politici, senza futuro.
Libano: la segregazione legalizzata
In Libano vivono circa 210.000 palestinesi, secondo i dati ufficiali dell’UNRWA. Una cifra in calo, ma che ancora oggi rappresenta un pezzo importante della popolazione (circa il 5%). Eppure, i palestinesi non hanno:
diritto alla cittadinanza;
accesso a oltre 30 professioni regolamentate, tra cui medicina, ingegneria, diritto;
diritto alla proprietà privata: non possono acquistare una casa o un terreno.
Vivono confinati in 12 campi profughi ufficiali, come Shatila e Ain al-Hilweh, veri ghetti senza infrastrutture adeguate, gestiti autonomamente con le armi. Il Libano li ha volutamente esclusi da ogni integrazione per "preservare il diritto al ritorno", che suona sempre più come una scusa per mantenerli in un limbo sociale.
Fonti:
UNRWA - https://www.unrwa.org/where-we-work/lebanon
Human Rights Watch: "Second Class: Discrimination Against Palestinian Refugees in Lebanon", 2019.
Siria: tra guerra e doppi standard prima della guerra civile, in Siria vivevano circa 560.000 palestinesi, oggi drasticamente ridotti a meno di 438.000 secondo l’UNRWA. A differenza del Libano, la Siria aveva concesso accesso all’istruzione, sanità e impiego pubblico, ma sempre con lo status di "rifugiato ospite".
Ma il disastro arriva con la guerra: il campo profughi di Yarmouk, alla periferia di Damasco, è diventato un campo di battaglia tra regime, ribelli e ISIS. Yarmouk, che era un vero quartiere vivo e produttivo, è stato raso al suolo. Gli stessi "fratelli arabi" hanno bombardato e affamato i palestinesi siriani senza che nessuna piazza araba si sollevasse.
UNRWA - https://www.unrwa.org/where-we-work/syria
BBC: "Yarmouk: The Palestinian refugee camp devastated by Syria's war", 2018.
Giordania: cittadini a metà. La Giordania è l’unico Paese ad aver concesso la cittadinanza giordana alla maggior parte dei palestinesi. Tuttavia, non tutti sono uguali:
I rifugiati provenienti da Gaza, che non hanno legami familiari in Cisgiordania, restano apolidi e privi di pieni diritti civili.
Inoltre, il passaporto giordano può essere revocato arbitrariamente, come strumento di pressione politica.
Nei campi come Baqqa e Jerash, la vita è fatta di precarietà, povertà e discriminazione sociale. L’integrazione completa è sempre stata frenata dal timore che i palestinesi potessero rivendicare un peso politico destabilizzante per la monarchia hashemita.
Fonti:
UNRWA - https://www.unrwa.org/where-we-work/jordan
Amnesty International: "Jordan: Stateless Again", 2010.
Il paradosso: apartheid arabo, silenzio globale
In sintesi:
Paese Cittadinanza Restrizioni Condizioni Libano NO Professioni, proprietà Segregazione totale Siria NO Status di rifugiati Guerra e distruzione Giordania Parziale Passaporti revocabili, apolidi di Gaza Povertà e discriminazione.
Eppure, nelle piazze europee e nelle aule dell’ONU, il dito è sempre puntato su Israele. Il termine "apartheid" scivola con facilità quando si parla di Gerusalemme, ma diventa impronunciabile di fronte ai campi di Shatila o ai fantasmi di Yarmouk.
Perché la verità è che ai regimi arabi fa comodo che i palestinesi restino rifugiati. Serve a tenere aperta la ferita politica, a impedire che il tempo normalizzi i rapporti con Israele, a giustificare dittature e populismi.
Chi parla di "genocidio" e di "apartheid israeliano" dovrebbe prima farsi un giro nei campi profughi arabi, dove la fratellanza si è fermata ai proclami e il diritto di cittadinanza è ancora una chimera. Ma per Francesca Albanese e per gli attivisti pro-Palestina, la dignità del palestinese vale solo se può essere usata contro Israele. Se a togliergli tutto è un "fratello arabo", allora non fa notizia.
Fonti:
UNRWA - https://www.unrwa.org
Human Rights Watch - Second Class: Discrimination Against Palestinian Refugees in Lebanon
BBC - Yarmouk: The Palestinian refugee camp devastated by Syria's war
Amnesty International - Jordan: Stateless Again
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