Dov’è la prova che tutti aspettano? - di Piero Terracina
La Striscia di Gaza è uno dei luoghi più osservati del pianeta. È piccola, densamente popolata, sorvolata costantemente da droni, sorvegliata da attivisti, giornalisti, ONG, propagandisti di ogni schieramento. Ogni quartiere è sotto l’occhio di qualcuno. Ogni scontro, ogni movimento dell’esercito israeliano è seguito al microscopio da una comunità internazionale che non ha certo dimostrato indulgenza verso Israele.
E allora la domanda è semplice, quasi ovvia: com’è possibile che, con tutto questo controllo, con milioni di occhi e telecamere puntati addosso, non esista nemmeno una singola immagine chiara, diretta, inequivocabile, che mostri un soldato israeliano uccidere deliberatamente, a sangue freddo, un civile disarmato?
Non parliamo di morti collaterali o di esplosioni da cui emergono corpi, quelle purtroppo ci sono e nessuno lo nega, ma di un soldato che spara volontariamente, sapendo esattamente cosa sta facendo, a una donna, a un bambino, a un anziano, davanti a una telecamera.
Viviamo in un’epoca in cui ogni istante viene documentato, diffuso, montato e rilanciato a tempo record. Abbiamo visto atrocità da ogni parte del mondo, in diretta. Abbiamo visto soldati americani, russi, siriani, talebani, jihadisti, poliziotti e guerriglieri fare cose orribili davanti a un obiettivo. Ma questa immagine precisa, da Gaza, continua a non arrivare. Eppure, se fosse davvero una pratica sistematica, deliberata, organizzata, dovremmo esserne sommersi.
Un’aggiunta necessaria: nel diritto internazionale, un civile che prende le armi e le punta verso un soldato non è più considerato un civile. In quel momento, diventa un obiettivo militare legittimo. E a Gaza questa distinzione, purtroppo, spesso si sfuma fino a scomparire, perché tanti "civili" armati combattono in jeans e ciabatte, e si mischiano tra la popolazione. Ma questo non lo dice mai nessuno.
Questo silenzio visivo fa rumore. E non è negazionismo, non è prendere posizione: è semplicemente chiedersi perché, con tutte le accuse che piovono addosso a Israele ogni giorno, la prova più potente, quella che inchioderebbe tutto il sistema, ancora non c’è.
Ed è lecito chiederselo. Anzi, è doveroso.
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