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DAS KAPITAL -

A ventanni la mia fede marxista aveva subito un duro colpo proprio nell’ambiente che frequentavo: c’entrava una ragazza (c’entrano sempre) e la sua vagina ideologicamente avanzata; da quella ero poi passato ad una revisione critica delle posizioni politiche del movimento. Insomma non ero più un fervente e cieco compagno ma quella prima idea sul Capitale di Marx era ancora profondamente valida per me: i soldi c’entrano sempre… le donne pure. All’età di 18 anni non avevo alcun dubbio: era il Capitale di Marx la vera strada e la vera novità in campo economico e sociale. Tra i due estremi liberalismo e marxismo avevo chiaramente scelto il secondo; a quell’età non ci sono mai mezze misure e anche ora è lo stesso. Tutto il territorio intermedio era territorio di conquista, inutile e vuoto, un terreno vastissimo e deserto da mettere a frutto con un’opera ferma di convincimento e, se necessario, di un buon numero di bastonate. Semplice, lineare, doloroso sempre.

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Vincenzo

“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte."  Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica a...

Domani

Io guardo il cielo sopra di me e voglio aspettare che questa sera smaltata e sensuale si spenga e mi lasci il tempo di capire e giudicare. La mia vita dorme nell’altra stanza, qui si sente solo il ronzio del ventilatore di raffreddamento del Pc. Silenzio, che meraviglia, così sembra tutto lontano. Anche la rabbia politica e quella esistenziale. E’ il senso della vita che mi sfugge o forse non la so raccontare? Domani mi impegnerò, domani quando questo silenzio imbarazzante sarà terminato.

ROMANTICI -

Ci infrangiamo sulle parole, sui loro spigoli lasciamo i resti di innumerevoli naufragi. Navighiamo attorno ad un concetto antico, vorrei dire obsoleto, ma bene o male viene sempre fuori una parola, quella parola che tenta di raffigurare la tempesta e la passione, l’istinto del silenzio dopo una danza vorticosa, il senso di un’infinita rincorsa: romantico, romanticismo. Sono romantico? Siete romantici? Cosa siamo quando ci denudiamo e, in segreto, malediciamo il pudore di abbracciare il nostro cuore con la mente? Una nota può raggiungere il cielo anche se lo strumento sta nel fango e un essere umano ha il diritto di crederci almeno una volta nella vita. Scrivo con la percezione che non tutto vien fatto per nobili ideali ma non tutto nasce imbrattato dalla parte peggiore di noi… A volte torniamo ad essere bellissimi.