Scendendo da Provenzana verso Linguaglossa, attraverso la pineta, mi sono immaginato lo Stretto e mi sono sentito in un film: tutto mi è sembrato lontanissimo, l’Italia, la Repubblica e la sua politica, Renzi, Grillo e gli altri. La lunga ferita azzurra che ci rende isola si snoda davanti agli occhi: poco meno di tre chilometri bastano a fare di un luogo un mondo a parte. La Sicilia scivola di fianco lungo i fianchi tondi e burrosi di una Calabria che è Sud pieno e dimenticato: una sala d’attesa infinita come il tempo necessario talvolta ad attraversare lo stretto. Mi sono sempre domandato se cè soluzione di continuità fra le due sorelle: c’è e lo senti nell’aria. Quella d’Aspromonte è antica e lontana, l’altra diluisce i pensieri nell’eventualità di un incontro finale.
“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte." Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica a...

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