Scrivere mi affascinava, mi affascina, mi riesce di una facilità sorprendente: devo ringraziare la dolcissima professoressa che era mia madre se non ho mai sconfinato nella piaggeria fine a se stessa. Mi è venuta voglia di sfogliare l’album e di sorridere nascostamente a tutte queste parole messe ordinatamente in fila l’una appresso all’altra. E’ in questo luogo che gli anni riesco a tenerli a bada, solo qui posso permettermi di sbagliare e poi disquisirci sopra con charme e in rima. Fuori da qui ci sono solo schiaffi in faccia… qualcuno di essi riesce ad entrare fino all’anticamera di queste pagine.
“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte." Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica a...

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