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SOLO ALTROVE

Sono venuto a salutare la mia città, la mia personale sensazione di vita tra il giardino inglese, via XX settembre, villa Trabia e la casa del nonno in via D.Costantino. Temo sia l’ultima volta così, i luoghi mi lasciano ed io cerco di precederli, regalo una lunghissima carezza sul selciato di queste strade. Non ho nessuno a cui raccontare lo strazio silenzioso di questi distacchi. Vedo allontanarsi anche i viaggiatori perché le persone prima o poi svaniscono ed io scrivo appunti di viaggio per non dimenticare, io come molti altri qua dentro o altrove, miniature di anime che sorgono al mattino fuori da una stanza, da una vita, da un desiderio quando il viaggio è appena iniziato e la mia città solleva lento il suo sipario. Siamo soli, incerti guardiamo nei fondi del caffè frammenti di discorsi interrotti ma il conto non torna mai…Anche adesso mentre annoto l’ennesima sconfitta mentre percorro il lungomare e il primo sole sfiora palazzo Lampedusa.e la luce mi colora le gambe.

Il mare da un lato la città dall’altro, è presto per nutrire dubbi ma io sono andato troppo lontano per avere il desiderio di tornare. Sei sola adesso tu? Nutro un ricordo feroce di te e non ti deve dispiacere, ci sono soli che nascono e muoiono senza memoria, soli che annegano in un vuoto temporale dove non c’è nemmeno una pagina, nemmeno un rigo. Io sono solo e tu forse dormi, tu non sei mai appartenuta a nessuna città ti mancano le parole per dire addio, tra un po’ non apparterrai a nessuna vita a niente che sia stato scritto. Voglio salvarti da questa inedia esistenziale. Forse mi sto innamorando e non lo volevo scrivere. Forse ti amo, sicuramente ti ho amato e questo largo silenzio dell’anima che ti culla stamattina è la prova che nemmeno la consuetudine dell’amore ci fa appartenere. Svolto verso la città, cammino lungo la sua storia e sono trasparente, invisibile a coloro che adesso ci abitano; nessuno di essi conosce la mia storia, nessuno ha sentito il giardino dietro il grande cancello, gli stucchi candidi dentro l’oratorio, l’inferriata piena di arabeschi del palazzo dimenticato dall’oggi e rivolto ad un passato inutile sempre più lontano. 
Qui di me non resterà nulla e la palma incisa nella tenue tappezzeria azzurra del cielo mi incoraggia a chiudere il cerchio. Della vita o del pensiero non ha più importanza, com’è possibile che io adesso sia sereno

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