Sta diventando un’abitudine fuggire, prima era soltanto un brutto vizio, un modo subdolo di affrontare il rapporto con la cultura in senso lato. Non potendo, in mancanza di strumenti adeguati, impiantare un qualsivoglia tentativo di approccio culturale, ci si affida alla “scomprensione”, neologismo cacofonico e esteticamente laido. All’interno di questa attitudine mentale, vecchia quanto il mondo, si può tranquillamente giocare alla vestizione di non sense ridicoli e mediocri: nemmeno un sentimento vero o un’emozione sincera si possono salvare a lungo da questo gioco al massacro.
“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte." Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica a...

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