domenica 2 giugno 2013

LA REPUBBLICA FRANATA SUL LAVORO

Trentacinque anni fa non avrei mai scritto questo post (anche perchè la rete e i blog non esistevano). Trentacinque anni fa leggendo il passato vedevo il presente e, pur con qualche dubbio, me ne compiacevo, era un’altra Italia, un incedere diverso sulle strade della vita, un modo ormai sconosciuto di affrontare ciò che viene comunemente detto il “retaggio del passato”. Fu un’eredità difficile e scomoda: perdemmo una guerra in cui mai avremmo dovuto entrare e lo facemmo con un armistizio separato semplicemente ridicolo diventando da un giorno all’altro alleati dei nostri avversari e viceversa. Una cosa inaudita, un bizantinismo furbetto che ancora pesa sulla nostra reputazione in campo internazionale. La guerra tracimò in una sanguinosa guerra civile, misconosciuta e negata per molti decenni in seguito, la guerra civile non poteva che lasciare ostilità e feroci risentimenti da una parte e dall’altra. Il referendum fece quel che poteva e mostrò palesemente la spaccatura che divideva il paese in due.
Erano le notti tra il 2 e il 3-4 giugno 1946: Referendum Monarchia- Repubblica , spoglio finale: Monarchia 10 milioni e 362 mila voti, Repubblica 12 milioni e 182 mila voti. 
Sorvoliamo sulle questioni dei brogli elettorali, sono ormai superate ed inutili: meglio osservare piuttosto la grande differenza fra le due Italie uscite più o meno a pezzi dal conflitto e dai due anni di diversissimo destino storico e sociale. Un regno del sud dove una monarchia da barzelletta attese il compiersi degli eventi senza eccidi, né sangue né resistenza. Un Nord occupato da tedeschi, angloamericani e repubblichini, dilaniato da una tragedia bellica e sociale su cui ancora ci si ostina a sorvolare. Il sud votò compatto per la monarchia, il Nord per la repubblica. Se dovessi guardare all’atteggiamento tenuto dai Savoia ritengo che più di 10 milioni di voti siano una vergogna, se invece dovessi riflettere a questi primi 60 anni di regime repubblicano non posso fare a meno di pensare che più di 12 milioni di voti siano stati malriposti. In ambedue i casi non vedo cosa ci sia oggi da festeggiare, infatti la gente fondamentalmente se ne frega: forse che non sia stata adeguatamente educata? O forse la quantità di menzogne e mezze verità è stata negli anni tale da annichilire anche gli spiriti più battaglieri. La storia ha sempre dimostrato che al di là delle intenzioni più radicate o bellicose vi sono poi dei cambiamenti che si impongono fisiologicamente come fossero emanazione di un destino sociale e umano non governabile: la stesura della nostra carta costituzionale fa parte di questi eventi. Era il 22 dicembre del 1947, la Magna Charta che regola il nostro paese fu votata con 453 voti favorevoli e solo 62 contrari, una maggioranza senza discussioni. Una grande e fortissima ossessione ne condizionò la nascita e la stesura: quello che era accaduto nei trentanni precedenti e vorrei ben dire! Non so quanti di voi abbiano mai riflettuto che questa Carta che ci regge da 70 anni è stata partorita dalle due forze che più si distanziarono dalla nascita dell'Italia Unita e cioè il cattolicesimo e il marxismo. E' inutile siamo un popolo di originali a oltranza. Resta comunque il fatto che nei 600 costituenti c'era un unico e solo desiderio sopra a tutti : impedire la nascita di un nuovo fascismo! La procedura con cui si formò la Costituzione è fu l’esempio perfetto di come complicare le cose sia per l’oggi che per il domani: dai 600 costituenti si estrapolò una commissione più ristretta di 75 persone a sua volta suddivisa in molte sottocommissioni specifiche per la redazione delle varie parti da cui era formata, una specie di sistema windows con meno precisione però. Cito Piero Calamandrei e mi tolgo dall'imbarazzo: " Quando si arriverà a montare questi pezzi usciti da diverse officine potrà accadere che ci accorga che gli ingranaggi non combaciano e che le giunture del motore non coincidono: e potrà occorrere qualche ritocco per metterlo in moto." La cosa più evidente e VOLUTA, fu la creazione delle premesse per una debolezza congenita del potere esecutivo: questa impronta di parlamentarismo certe volte fine a se stesso e esasperato ci ha portato alla situazione odierna, partitocrazia e lottizzazione. La giungla di leggi e leggine, la lentezza biblica e irritante di certe decisioni e il ritardo cronico dell'iter legislativo sono esattamente lì, dentro quella Costituzione che appena dici di voler toccare salta in aria assieme ai suoi difensori ad oltranza. Negli anni in cui questa cosa fu organizzata andava fondamentalmente bene ai due attori principali, Dc e Pci e si capisce perchè: la Dc capiva che con una Costituzione così il fronte popolare avrebbe avuto più di un problema a fare il gran ribaltone (quello per cui i partigiani comunisti si erano battuti tra il 44 e il 45) il Pci perchè sapeva che una democrazia debole la puoi infiltrare e inquinare più facilmente. Ambedue si sono divertiti finora a castrare l'esecutivo facendo pensare alla maggior parte degli italiani che il voto è fondamentalmente una presa per il culo ioè esattamente quello che è. Francamente nemmeno il modo in cui è scritta mi piace: qualìè il significato dell’assioma iniziale "è una Repubblica fondata sul lavoro"? C'è un tanfo retorico condito anche da un che di minuziosamente notarile da lasciare quantomeno perplessi, una smania di voler regolare e controllare tutto col risultato in 60 anni di non riuscire a regolare e controllare quasi niente. Adesso c'è anche l’ingresso in partita della Comunità europea e mi sembra che tutto il gioco sia diventato pleonastico. E’ da scartare ogni cosa? Non c’è alcun momento da salvare nel lavoro delle menti che scrissero la Costituzione? Non mi sento di pronunciare una condanna senza appello, il testo del 47 in alcuni punti è di una nobiltà luminosa, forse troppo poco concreta e sognante un’utopia impossibile da realizzare ma vi sono situazioni nelle quali non puoi giocare al ribasso e partire da posizioni mediocri, il contratto sociale di una repubblica nascente fa parte di questo tipo di situazioni. Però a distanza di anni e nel confronto con la realtà quotidiana di oggi non è possibile nascondersi che questa costituzione risulta lacunosa e contraddittoria su molte cose e soprattutto è INTERPRETABILE! La Corte Costituzionale ha dato nel tempo sugli stessi articoli interpretazioni varianti a seconda dei tempi e delle occasioni , a me non sembra che ciò garantisca nessuno. Gli articoli sciorinati uno dopo l’altro e tutto l’insieme hanno il profumo inconfondibile di una naftalina pretenziosa: si cerca di far combaciare idee politiche, sociali ed economiche francamente inconciliabili tra loro, una sorta di amalgama tra liberismo e socialismo, tra metafisico sociale e anarcoide e realismo parruccone perbenista. Mi dispiace per Roberto Benigni ma certe cose vivono solo nell’atmosfera rarefatta di uno studio televisivo. Chi ha detto che non si possa rileggere con attenzione questa legge fondamentale per il Paese? Ipotizzarlo è scandaloso? Vi sono due modi per approcciarsi a dei testi “sacri”, in entrambi i casi serve cultura in senso stretto e in senso lato: puoi beartene come se da essi emanasse un effluvio divino oppure guardarli con la medesima severità con la quale furono scritti. E affrontarli una volta per tutte! Ho letto in questi giorni molti testi in molti e diversi blog, l’argomento difesa della nostra Costituzione era discusso con dovizia di particolari e retorica: i testi fondamentalmente erano tutti uguali, tutti meravigliosamente sofferti, lungimiranti…democratici e propositivi per una spinta a ritrovare le proprie radici sociali di libertà e giustizia. Sono diventato epico anch’io come vedete. Cito: ” La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano, ovvero il vertice nella gerarchia delle fonti di diritto, e fondativa della Repubblica italiana. Approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947, fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1º gennaio 1948.” DA WIKIPEDIA. Invidio molti di voi al punto di aver pensato spesso in questi ultimi anni di essere pronto per un ospedale psichiatrico o una struttura per disturbati mentali: se la mia posizione è così difforme dalla generalità del mondo con cui mi confronto, se la mia sensazione di fine contrasta in modo tanto brusco con la positività di crescita e miglioramento che ho letto nei vostri blog. Se infine, intellettualmente, la genesi storica che ha portato alla Costituente è da me valutata in maniera completamente diversa dalla vostra mi sembra di poter dire che o ci hanno dato testi diversi, o viviamo in nazioni differenti o io sono appunto uscito di senno.

Considerate i primi 4 articoli della costituzione: Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Sono solo i primi quattro dei dodici FONDAMENTALI, andate a leggerli e leggetevi attentamente anche gli altri; poi in silenzio considerate il presente in cui vivete, considerate i settant’anni anni trascorsi dalla firma del prof. De Nicola. Dopo a mio parere, qualunque sia la vostra età, dovreste provare almeno un senso di profondissimo smarrimento. Praticamente nessuno degli obiettivi proposti con tanta pensosa saggezza e serietà è stato raggiunto e mantenuto, la Repubblica Italiana è franata sul primo, basilare principio fondante, il lavoro! Per pietà tralascio la considerazione di altri importantissimi punti, l’art. 5… il 7…il 9 (a leggerlo oggi è una barzelletta!); L’unica cosa che è riuscita perfettamente ai padri costituenti è quella di aver creato un sistema che rende impossibile legiferare in tempi normali e adeguati alle necessità contingenti. Il testo per intero, dalla fondazione sul lavoro ai patti Lateranensi, dalla promozione della cultura e dell’arte al bicameralismo perfetto è solo una pena infinita. Essa recita in modo chiaro che questa Repubblica è abortita alla nascita e assieme ad essa anche lo spirito di nazione cui ufficialmente aspira. La festa del primo maggio 2016 con una disoccupazione giovanile ai massimi storici, una crisi asfissiante, l’impossibilità per la quasi totalità del ceto medio- basso di adire ad un minimo di tranquillità economica, la caduta verticale dell’imprenditoria, del commercio e dell’artigianato, con intere regioni meridionali dalle terre abbandonate, con un decadimento assoluto di prospettive sociali e etiche, la festa è giornata di lutto! Io non ho alcuna intenzione di abbandonare la terra dove sono nato, non potrei sopravvivere con questa ulteriore angoscia nel cuore. Ho letto in questi giorni in molti siti la citazione di ampi stralci del discorso di Calamandrei ai giovani della società umanitaria di Milano nel gennaio del 1955; le sue frasi sono state sbandierate come un vessillo vincente e inoppugnabile di prosperità e futuro partendo dalla base storica dei fatti della Resistenza cui mezza Italia non partecipò.
Ecco io sono stanco di discorsi memorabili, di contorsioni storiche per adeguare il proposito enunciato alla sua mancata attuazione. Sono stanco di questo paese e di molti suoi orpelli (anche la blogosfera lo sta diventando) sono stufo e nauseato anche di aver scritto quello che state leggendo. Io non ho praticamente più nulla cui attaccarmi ma non so come, rimango italiano: così come leggete, senza una vera speranza, con una tastiera, la lingua che conosco e tutto il resto. Sarò franco: per questa Repubblica ho ormai un interesse molto limitato, è andato progressivamente decrescendo negli ultimi 20 anni e recentemente si è ulteriormente ridotto. Non è solo una sensazione di “pelle” che basterebbe comunque perchè è mia ed è sincera, al suo interno ci sono motivazioni sociali e storiche che io a quasi 65 anni d’età non posso per coscienza disattendere. Vi saranno ovviamente le celebrazioni e i discorsi consueti. LE SOLITE COSE. Completamente scollate dentro l’animo della gente, a Sud come a Nord, dalle vicende e dai desideri reali di coloro che abitano e vivono in questa penisola. I nostri rappresentanti(?!) in Parlamento celebreranno un paese che non c’è. Una nazione divisa e costruita sull’inganno e su falsi storici perpetuati sino al ridicolo, una Nazione che cerca da 150 anni di proporsi come unita ma che si sta sfaldando di giorno in giorno inseguendo un mito federalista che copre male il reale desiderio di andare ognuno per i fatti suoi. Dovrei aprire un altro Blog per parlarne come si deve ma sono STUFO di tutto, anche delle chiacchiere in rete e poi massacrare un sogno non è il mio sport preferito. Io sono certamente vecchio ed inadatto al veloce e pulsante mondo del blog, che infatti mi sta sempre più velocemente espellendo per la seconda ed ultima volta, però ero legato a figure di classe e compostezza diversa. Rispetto la scrittura perchè meno effimera e trasformista della parola e spero che di molte cose scritte nel tempo non si perda il senso e la memoria sia che esse vengano vergate sulla Costituzione di uno stato nascente o sulle pagine di un testo sacro o su quelle virtuali di un blog. Me la tengo stretta questa speranza, essa sta diventando un trastullo per pochi intimi.

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