Molti anni fa considerai il silenzio dell’anima come un aggettivo inevitabile della solitudine intellettuale che già si affacciava al mio uscio. Il tempo trascorso non è ancora abbastanza per separare e definire la solitudine dal silenzio perchè avverto che esso diventa ogni giorno più rumoroso ed evidente. Chiede di essere ascoltato e diffuso, analizzato e compreso, temo possa tradirmi o ferirmi definitivamente. Non sono ancora pronto ad aprire l’ultima porta. Ma avverrà.
“Scrisse, scriveva, ritenne fin da ragazzo che fosse meglio osservare il mondo attraverso la scrittura. Poi, più grande, lesse le emozioni della vita posandole su un foglio di carta: non sa ancora se fu un errore ma comincia a nutrire seri dubbi sulle sue scelte." Non c’è più tempo si è detto e il tempo è volato via. Sono rimaste solo queste parole come cornice ad un uomo sconosciuto che non è mai riuscito a incontrare se stesso. Pensò che almeno qui lei capisse, continuò a crederlo contro qualunque evidenza. Che qui fosse finalmente diverso e senza fine, che qui fosse essenza vera e che solo questo importasse. Scrive ancora di tanto in tanto, poi socchiude gli occhi e guarda lontano ma non riesce più a scrivere quel che vede. Vincenzo voleva scrivere fin da ragazzino, gli piaceva l’idea del foglio, della penna e del pensiero che vi si fermava sopra. A lungo credette che anche il più piccolo evento serbasse in sè l’idea della vita e dei suoi misteri: scriverne era una magnifica a...

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L'autore del blog è andato via per sempre.