sabato 30 novembre 2013

IL CONFRONTO -


Certo il confronto implica una cultura diversa da quella del “va pensiero”, necessita di uno sforzo maggiore di quello richiesto per raccoglier l’acqua alle sorgenti del Po. Il confronto prevede coraggio e dignità e cultura cosciente di quello che si è, tanto più necessari se ci si rapporta col mondo musulmano. Io ho molte divergenze con la maggior parte delle idee che oggi sono SUPINE davanti al modo di intendere civiltà e società nell’islam, direi anzi che mi sono trovato spesso in aperto contrasto con chi dichiara di rappresentare un nuovo modello multietnico. ll confronto viene dalla chiara coscienza della propria cultura e non dalla svendita totale di essa in ossequio a internazionalismi pelosi.

venerdì 6 settembre 2013

LIBERAZIONI PILOTATE -

Sono arcistufo di sentire parlare delle limitazioni alla stampa in Italia o alle limitazioni dell’espressione sul web, a me FINORA non risulta. Risulta che a seconda del colore politico si amplifichino o si minimizzino certi argomenti e il web non è da meno: quindi tradisce spesso e volentieri l’obiettivo di informare liberamente chi lo usa.

domenica 2 giugno 2013

LA REPUBBLICA FRANATA SUL LAVORO

Trentacinque anni fa non avrei mai scritto questo post (anche perchè la rete e i blog non esistevano). Trentacinque anni fa leggendo il passato vedevo il presente e, pur con qualche dubbio, me ne compiacevo, era un’altra Italia, un incedere diverso sulle strade della vita, un modo ormai sconosciuto di affrontare ciò che viene comunemente detto il “retaggio del passato”. Fu un’eredità difficile e scomoda: perdemmo una guerra in cui mai avremmo dovuto entrare e lo facemmo con un armistizio separato semplicemente ridicolo diventando da un giorno all’altro alleati dei nostri avversari e viceversa. Una cosa inaudita, un bizantinismo furbetto che ancora pesa sulla nostra reputazione in campo internazionale. La guerra tracimò in una sanguinosa guerra civile, misconosciuta e negata per molti decenni in seguito, la guerra civile non poteva che lasciare ostilità e feroci risentimenti da una parte e dall’altra. Il referendum fece quel che poteva e mostrò palesemente la spaccatura che divideva il paese in due.
Erano le notti tra il 2 e il 3-4 giugno 1946: Referendum Monarchia- Repubblica , spoglio finale: Monarchia 10 milioni e 362 mila voti, Repubblica 12 milioni e 182 mila voti. 
Sorvoliamo sulle questioni dei brogli elettorali, sono ormai superate ed inutili: meglio osservare piuttosto la grande differenza fra le due Italie uscite più o meno a pezzi dal conflitto e dai due anni di diversissimo destino storico e sociale. Un regno del sud dove una monarchia da barzelletta attese il compiersi degli eventi senza eccidi, né sangue né resistenza. Un Nord occupato da tedeschi, angloamericani e repubblichini, dilaniato da una tragedia bellica e sociale su cui ancora ci si ostina a sorvolare. Il sud votò compatto per la monarchia, il Nord per la repubblica. Se dovessi guardare all’atteggiamento tenuto dai Savoia ritengo che più di 10 milioni di voti siano una vergogna, se invece dovessi riflettere a questi primi 60 anni di regime repubblicano non posso fare a meno di pensare che più di 12 milioni di voti siano stati malriposti. In ambedue i casi non vedo cosa ci sia oggi da festeggiare, infatti la gente fondamentalmente se ne frega: forse che non sia stata adeguatamente educata? O forse la quantità di menzogne e mezze verità è stata negli anni tale da annichilire anche gli spiriti più battaglieri. La storia ha sempre dimostrato che al di là delle intenzioni più radicate o bellicose vi sono poi dei cambiamenti che si impongono fisiologicamente come fossero emanazione di un destino sociale e umano non governabile: la stesura della nostra carta costituzionale fa parte di questi eventi. Era il 22 dicembre del 1947, la Magna Charta che regola il nostro paese fu votata con 453 voti favorevoli e solo 62 contrari, una maggioranza senza discussioni. Una grande e fortissima ossessione ne condizionò la nascita e la stesura: quello che era accaduto nei trentanni precedenti e vorrei ben dire! Non so quanti di voi abbiano mai riflettuto che questa Carta che ci regge da 70 anni è stata partorita dalle due forze che più si distanziarono dalla nascita dell'Italia Unita e cioè il cattolicesimo e il marxismo. E' inutile siamo un popolo di originali a oltranza. Resta comunque il fatto che nei 600 costituenti c'era un unico e solo desiderio sopra a tutti : impedire la nascita di un nuovo fascismo! La procedura con cui si formò la Costituzione è fu l’esempio perfetto di come complicare le cose sia per l’oggi che per il domani: dai 600 costituenti si estrapolò una commissione più ristretta di 75 persone a sua volta suddivisa in molte sottocommissioni specifiche per la redazione delle varie parti da cui era formata, una specie di sistema windows con meno precisione però. Cito Piero Calamandrei e mi tolgo dall'imbarazzo: " Quando si arriverà a montare questi pezzi usciti da diverse officine potrà accadere che ci accorga che gli ingranaggi non combaciano e che le giunture del motore non coincidono: e potrà occorrere qualche ritocco per metterlo in moto." La cosa più evidente e VOLUTA, fu la creazione delle premesse per una debolezza congenita del potere esecutivo: questa impronta di parlamentarismo certe volte fine a se stesso e esasperato ci ha portato alla situazione odierna, partitocrazia e lottizzazione. La giungla di leggi e leggine, la lentezza biblica e irritante di certe decisioni e il ritardo cronico dell'iter legislativo sono esattamente lì, dentro quella Costituzione che appena dici di voler toccare salta in aria assieme ai suoi difensori ad oltranza. Negli anni in cui questa cosa fu organizzata andava fondamentalmente bene ai due attori principali, Dc e Pci e si capisce perchè: la Dc capiva che con una Costituzione così il fronte popolare avrebbe avuto più di un problema a fare il gran ribaltone (quello per cui i partigiani comunisti si erano battuti tra il 44 e il 45) il Pci perchè sapeva che una democrazia debole la puoi infiltrare e inquinare più facilmente. Ambedue si sono divertiti finora a castrare l'esecutivo facendo pensare alla maggior parte degli italiani che il voto è fondamentalmente una presa per il culo ioè esattamente quello che è. Francamente nemmeno il modo in cui è scritta mi piace: qualìè il significato dell’assioma iniziale "è una Repubblica fondata sul lavoro"? C'è un tanfo retorico condito anche da un che di minuziosamente notarile da lasciare quantomeno perplessi, una smania di voler regolare e controllare tutto col risultato in 60 anni di non riuscire a regolare e controllare quasi niente. Adesso c'è anche l’ingresso in partita della Comunità europea e mi sembra che tutto il gioco sia diventato pleonastico. E’ da scartare ogni cosa? Non c’è alcun momento da salvare nel lavoro delle menti che scrissero la Costituzione? Non mi sento di pronunciare una condanna senza appello, il testo del 47 in alcuni punti è di una nobiltà luminosa, forse troppo poco concreta e sognante un’utopia impossibile da realizzare ma vi sono situazioni nelle quali non puoi giocare al ribasso e partire da posizioni mediocri, il contratto sociale di una repubblica nascente fa parte di questo tipo di situazioni. Però a distanza di anni e nel confronto con la realtà quotidiana di oggi non è possibile nascondersi che questa costituzione risulta lacunosa e contraddittoria su molte cose e soprattutto è INTERPRETABILE! La Corte Costituzionale ha dato nel tempo sugli stessi articoli interpretazioni varianti a seconda dei tempi e delle occasioni , a me non sembra che ciò garantisca nessuno. Gli articoli sciorinati uno dopo l’altro e tutto l’insieme hanno il profumo inconfondibile di una naftalina pretenziosa: si cerca di far combaciare idee politiche, sociali ed economiche francamente inconciliabili tra loro, una sorta di amalgama tra liberismo e socialismo, tra metafisico sociale e anarcoide e realismo parruccone perbenista. Mi dispiace per Roberto Benigni ma certe cose vivono solo nell’atmosfera rarefatta di uno studio televisivo. Chi ha detto che non si possa rileggere con attenzione questa legge fondamentale per il Paese? Ipotizzarlo è scandaloso? Vi sono due modi per approcciarsi a dei testi “sacri”, in entrambi i casi serve cultura in senso stretto e in senso lato: puoi beartene come se da essi emanasse un effluvio divino oppure guardarli con la medesima severità con la quale furono scritti. E affrontarli una volta per tutte! Ho letto in questi giorni molti testi in molti e diversi blog, l’argomento difesa della nostra Costituzione era discusso con dovizia di particolari e retorica: i testi fondamentalmente erano tutti uguali, tutti meravigliosamente sofferti, lungimiranti…democratici e propositivi per una spinta a ritrovare le proprie radici sociali di libertà e giustizia. Sono diventato epico anch’io come vedete. Cito: ” La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano, ovvero il vertice nella gerarchia delle fonti di diritto, e fondativa della Repubblica italiana. Approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947, fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1º gennaio 1948.” DA WIKIPEDIA. Invidio molti di voi al punto di aver pensato spesso in questi ultimi anni di essere pronto per un ospedale psichiatrico o una struttura per disturbati mentali: se la mia posizione è così difforme dalla generalità del mondo con cui mi confronto, se la mia sensazione di fine contrasta in modo tanto brusco con la positività di crescita e miglioramento che ho letto nei vostri blog. Se infine, intellettualmente, la genesi storica che ha portato alla Costituente è da me valutata in maniera completamente diversa dalla vostra mi sembra di poter dire che o ci hanno dato testi diversi, o viviamo in nazioni differenti o io sono appunto uscito di senno.

Considerate i primi 4 articoli della costituzione: Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Art. 3 Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Sono solo i primi quattro dei dodici FONDAMENTALI, andate a leggerli e leggetevi attentamente anche gli altri; poi in silenzio considerate il presente in cui vivete, considerate i settant’anni anni trascorsi dalla firma del prof. De Nicola. Dopo a mio parere, qualunque sia la vostra età, dovreste provare almeno un senso di profondissimo smarrimento. Praticamente nessuno degli obiettivi proposti con tanta pensosa saggezza e serietà è stato raggiunto e mantenuto, la Repubblica Italiana è franata sul primo, basilare principio fondante, il lavoro! Per pietà tralascio la considerazione di altri importantissimi punti, l’art. 5… il 7…il 9 (a leggerlo oggi è una barzelletta!); L’unica cosa che è riuscita perfettamente ai padri costituenti è quella di aver creato un sistema che rende impossibile legiferare in tempi normali e adeguati alle necessità contingenti. Il testo per intero, dalla fondazione sul lavoro ai patti Lateranensi, dalla promozione della cultura e dell’arte al bicameralismo perfetto è solo una pena infinita. Essa recita in modo chiaro che questa Repubblica è abortita alla nascita e assieme ad essa anche lo spirito di nazione cui ufficialmente aspira. La festa del primo maggio 2016 con una disoccupazione giovanile ai massimi storici, una crisi asfissiante, l’impossibilità per la quasi totalità del ceto medio- basso di adire ad un minimo di tranquillità economica, la caduta verticale dell’imprenditoria, del commercio e dell’artigianato, con intere regioni meridionali dalle terre abbandonate, con un decadimento assoluto di prospettive sociali e etiche, la festa è giornata di lutto! Io non ho alcuna intenzione di abbandonare la terra dove sono nato, non potrei sopravvivere con questa ulteriore angoscia nel cuore. Ho letto in questi giorni in molti siti la citazione di ampi stralci del discorso di Calamandrei ai giovani della società umanitaria di Milano nel gennaio del 1955; le sue frasi sono state sbandierate come un vessillo vincente e inoppugnabile di prosperità e futuro partendo dalla base storica dei fatti della Resistenza cui mezza Italia non partecipò.
Ecco io sono stanco di discorsi memorabili, di contorsioni storiche per adeguare il proposito enunciato alla sua mancata attuazione. Sono stanco di questo paese e di molti suoi orpelli (anche la blogosfera lo sta diventando) sono stufo e nauseato anche di aver scritto quello che state leggendo. Io non ho praticamente più nulla cui attaccarmi ma non so come, rimango italiano: così come leggete, senza una vera speranza, con una tastiera, la lingua che conosco e tutto il resto. Sarò franco: per questa Repubblica ho ormai un interesse molto limitato, è andato progressivamente decrescendo negli ultimi 20 anni e recentemente si è ulteriormente ridotto. Non è solo una sensazione di “pelle” che basterebbe comunque perchè è mia ed è sincera, al suo interno ci sono motivazioni sociali e storiche che io a quasi 65 anni d’età non posso per coscienza disattendere. Vi saranno ovviamente le celebrazioni e i discorsi consueti. LE SOLITE COSE. Completamente scollate dentro l’animo della gente, a Sud come a Nord, dalle vicende e dai desideri reali di coloro che abitano e vivono in questa penisola. I nostri rappresentanti(?!) in Parlamento celebreranno un paese che non c’è. Una nazione divisa e costruita sull’inganno e su falsi storici perpetuati sino al ridicolo, una Nazione che cerca da 150 anni di proporsi come unita ma che si sta sfaldando di giorno in giorno inseguendo un mito federalista che copre male il reale desiderio di andare ognuno per i fatti suoi. Dovrei aprire un altro Blog per parlarne come si deve ma sono STUFO di tutto, anche delle chiacchiere in rete e poi massacrare un sogno non è il mio sport preferito. Io sono certamente vecchio ed inadatto al veloce e pulsante mondo del blog, che infatti mi sta sempre più velocemente espellendo per la seconda ed ultima volta, però ero legato a figure di classe e compostezza diversa. Rispetto la scrittura perchè meno effimera e trasformista della parola e spero che di molte cose scritte nel tempo non si perda il senso e la memoria sia che esse vengano vergate sulla Costituzione di uno stato nascente o sulle pagine di un testo sacro o su quelle virtuali di un blog. Me la tengo stretta questa speranza, essa sta diventando un trastullo per pochi intimi.

lunedì 20 maggio 2013

PALERMO 1980 - QUARANTANNI DOPO


Perduto fra le stelle
della città,
le luci stupidamente
timi

de
accorse ancora una volta
a dimostrarmi il loro
affetto
dico loro che è finita.
Più in alto altre stelle
antiche
corrono senza sorriso come
sipario
a parole già dette,
a sguardi già consumati.
Estraneo verrà il giorno
a svanire le luci delle nostre
illusioni.

giovedì 16 maggio 2013

MOLTI LEGGONO MA RESTANO IN SUPERFICIE -

Io vivo un’asimmetria evidente da ragazzo tra i miei sogni e il loro realizzarsi. Non riesco a conciliarne le misure e, negli ultimi anni, lo scollamento è diventato profondo. Mi vedo, guardo quel che sono (non solo quel che scrivo) e mi sento morire: l’inganno culturale, intellettuale, la linea di salvezza che ho seguito fin qui non mi basta più, l’idea o l’essenza di me portata nero su bianco è un confronto insostenibile con il grigiore quotidiano che vivo. Tutto qui.

giovedì 2 maggio 2013

IL GIA' SCRITTO

Per tornare a scrivere è necessario, almeno per me, credere che il nuovo abbia un senso non solo per chi legge ma anche per chi scrive: io l’ho perso forse definitivamente e sopravvivo su questo e altri blog rieditando me stesso. Sono diventato insopportabile? A volte credo di sì , sento il peso di un trascinamento incomprensibile e lacerante. Ma esiste anche la coscienza di non aver detto abbastanza, non nel modo giusto, di non aver voluto per una malintesa forma di educazione virtuale attaccare una certa fauna che vive all’ombra della blogosfera. Non si tratta di un fatto meramente culturale bensì di una dimensione educativa che sfugge al controllo della cultura in senso stretto: è l’incapacità di ascoltare, la volgarità di sentirsi, senza merito alcuno, di varie spanne superiori all’altro. 
Lo dissi tempo fa, non legge più nessuno nemmeno chi con enorme sussiego afferma sul suo blog di essere un bibliofilo. C’è una forma di cecità ideologica che impedisce la reale apertura sulle prospettive di scambio e condivisione che sembravano connaturate al mezzo blog; è esattamente questo che, personalmente, mi ha ucciso, il contatto continuo con persone cui è possibile solo concedere un falso apprezzamento stando ben attenti a non commettere nemmeno il più piccolo errore di battitura, a non mostrare mai le radici del proprio pensiero e della propria vita. I blog come diari virtuali ingessati dalla prepotenza altrui, la necessità assoluta di restare dentro i binari che altri hanno posato per far correre le nostre parole. Di cosa dovrei scrivere oggi? Certamente di politica o di libertà di stampa. Di storia, di poesia… quale? Di una storia raccontata da sempre ad uso e consumo di una parte, di una poesia che invece di volare sopra si perde nei vicoli di una sintassi scontata? Di quale politica? Quella che ha perso tutti i punti di riferimento e perpetua se stessa nei modi e nei tempi di sempre? Quella che non usa il compromesso lecito ma sfrutta il potere di esserci nel modo più bieco? La libertà di stampa ad uso e consumo di una parte pronta, al momento opportuno, a rinnegare il ciclostile da cui è nata e negare, negare fino alla nausea tutto, parole, fatti, storia…persone? Pubblico il già scritto io, quello che scrissi quando ancora ci credevo; lo faccio perché mi piace vederlo sulle pagine di questo monitor, amo accarezzarlo nella speranza che una nuova musica o una nuova immagine si poggino finalmente sull’idea intima che solo io possiedo di ciò che ho composto. Non voglio aver più l’assillo di doverlo spiegare o difendere dalla barbarie di molti, ho chiuso alla possibilità di un “normale commento” ; la scrittura sta lì, per tutti anche per chi sente e vede solo ciò che è conforme alla sua natura. Non credo più ai commenti, non mi riconosco quasi mai in essi: a dirla tutta io non mi riconosco in nessuna delle cose che mi attorniano socialmente e virtualmente. Nutrivo una speranza, un desiderio, dieci anni fa pensai di poterlo finalmente esaudire, adesso quello che sogno è di poter tornare ad amare il sogno.

mercoledì 24 aprile 2013

L'OSSESSIONE DEL DESIDERIO


Tu sai perfettamente come compiacere un uomo ed io come fare lo stesso con una donna: che l’omologazione sia ancestrale o meno non ci tocca poiché sappiamo denudarci benissimo ugualmente. E mentiamo spudoratamente mentre lo facciamo. Voglio dirti una cosa: ci fu un tempo lunghissimo in cui mi piaceva molto essere amabile, sapevo ritrovarmi in un attimo ed ero estremamente determinato nel mio progetto seduttivo. Ah, quanto duravano le mie stagioni, le estati infinite a divorare il sole e la luce e quanta crudeltà c’era nello scivolare tra le pieghe della carne e sentirsi in armonia sempre, senza mai un ripensamento che non fosse una nuova strategia, un’onda nuova che mi portava in cresta a mostrarmi il tuo corpo nudo e acceso. Un giorno ti dirò come e quando mi accorsi del progetto infondato e dell’altra verità, più profonda, di quando mi accorsi che la condivisione non appartiene all’amore e quanto esso sia intimamente, visceralmente nostro. Indivisibile da noi stessi, solitario. Fu uno squarcio nell’orizzonte del mio equilibrio sentimentale e tutto il resto che ne discese fu una rivelazione dolorosa, perché analizzare prima e racchiudere poi in una consapevolezza totale chi sei e come sei non ti aiuta. L’ignoranza vera o presunta aiuta a vivere e a morire con sublime leggerezza. Non altro. Col tempo navigai sempre più lontano dalla costa fino a distinguere con sorpresa che c’era una sola cosa ad attrarmi del sesso: l’ossessione del desiderio. Ho imparato quindi a cercare e a trattenere il desiderio, a riconoscerlo quando l’ho addosso. Ma dura così poco: mi abbandona facilmente e mi lascia vuoto ad osservare gli altri agitarsi per comunicarmi il loro struggimento. Ma io non li sento, sono gusci vuoti, sprecano il loro tempo e non riescono a parlarmi. Cosa pensi sia la solitudine? E’ questa attesa fra uno sprazzo e l’altro, fra un errore e l’altro. Non è vero che sia il solo, l’unico sistema di confrontarsi col desiderio sessuale, ci sono persone che scelgono più o meno deliberatamente di amare sempre sé stessi in molte donne o uomini, di consumare compulsivamente il rapporto fisico , di mettere l’ennesima tacca sulla canna del fucile. 
Io attendo che il desiderio mi appartenga altrimenti è inutile, non voglio partecipare all’amore come ad un evento mirabolante in cui compari per dovere d’esistere. Scelgo con un’attenzione estrema e sottile perché lo so bene che chi seduce in fondo perde spazio e diventa prigioniero di sé stesso… e nonostante tutto mi annoio. Ho imparato da ragazzo a percepire l’artefatto, la malizia ed ho conosciuto un sentimento mondato da questi orpelli solo due volte nella mia vita. Me li tengo stretti al corpo quegli odori e quei momenti quando la seduzione si svolgeva in un canto libero e senza necessità di presentarsi in un modo piuttosto che in un altro. Non mi è restato altro, non vedo altro. Non avrò altro.

lunedì 8 aprile 2013

AVVERRA'

Molti anni fa considerai il silenzio dell’anima come un aggettivo inevitabile della solitudine intellettuale che già si affacciava al mio uscio. Il tempo trascorso non è ancora abbastanza per separare e definire la solitudine dal silenzio perchè avverto che esso diventa ogni giorno più rumoroso ed evidente. Chiede di essere ascoltato e diffuso, analizzato e compreso, temo possa tradirmi o ferirmi definitivamente. Non sono ancora pronto ad aprire l’ultima porta. Ma avverrà.

venerdì 29 marzo 2013

OSSI DI SEPPIA

Non sopporto i consuntivi: esaminare come e quanto io mi sono consumato non mi piace, però i consuntivi occhieggiano ugualmente ai lati della mia strada, sono io che faccio finta di non vederli. Così invece di prendere atto di una questione palese, la fine della mia avventura nel web, vado a spulciare i percorsi altrui e mi faccio convinto ogni giorno di più che bisogna lasciare in rete un blog come questo che state leggendo o quest'altro non per i miei testi bensì per quelli altrui, per i nomi segnati in questi anni di scambi, per le persone che mi hanno commentato e che io ho commentato, per la vita che ci ha attraversato tutti. 
Vi sono alcuni luoghi che mi affascinano e in genere rappresentano ciò che non c'è più o è andato altrove...lascio perdere i blogger che la morte ha preso con sè! Deve esserci qualcosa di remoto che io non so spiegare a parole in questa parte di vita trascorsa a scrivere sui blog, qualcosa che nasce dalle scritture ma raggiunge spiagge sconosciute, sono ossi di seppia intatti, li prendi in mano e cominciano a raccontare. E' strana ed intrigante la sensazione delle parole lasciate in rete per sempre, perchè lo senti che lo spirito di chi ha scritto si è ormai raccolto altrove, e non serve pensare che i nuovi social abbiano divorato idee e persone senza dare un'alternativa del medesimo valore, devi arrenderti all'evidenza. Ci sarà un motivo per cui PROFUMO DI LIMONI è andata su Twitter, ce ne sarà un altro per cui NICOLETTA non lascia più commentare, RIYUEREN abbia lasciato Cruna di stella, ELIANA scriva pochissimo, MARINA abbia lasciato, DESAPARECIDA si stia dedicando ad altro, PATRIZIA sia svanita... Sono assolutamente convinto che le ragioni ci siano e siano tutte valide tuttavia l'amaro di una decisione giusta resta in bocca. In molti dei miei blog in fondo l'unica cosa interessante non è leggere i miei copia e incolla variamente congegnati ma sentire cosa ci siamo detti in questi anni e cosa è rimasto del profumo di quell'incontro. 
Verrà un tempo diverso e i blog così come i abbiamo conosciuti spariranno per sempre, non ho idea di quello che li sostituirà, non so nemmeno se essi resteranno come totem di un'epoca interlocutoria speciale. So perfettamente che l'idea che ci ha mosso, i desideri e le fantasie che nutrivamo da qualche parte hanno trovato rifugio, può darsi che un giorno ci sentiremo chiamare e capiremo.

sabato 16 marzo 2013

S, GIOVANNI LI CUTI

La città preme e assedia con arroganza questo piccolo porticciolo: è un tipo di violenza molto diffuso qui come in altre città dell'isola, alla fine ci fai l’abitudine. Lottare continuamente perché ciò non avvenga diventa un lavorio crudele, qualcosa che può privarti anch’esso di un rapporto normale col tuo ambiente. Un giro vizioso: i miei conterranei si strappano le vesti quando la vita li porta lontano ma coloro che invece ci abitano, o essi stessi quando tornano, fanno di tutto per distruggere, lordare, sfigurare i luoghi rimpianti sino a poche ore prima. E' un'attività nella quale, seppur con meriti e attitudini diverse, quasi tutti si cimentano. Il colpo di grazia in genere è sferrato dal politico di turno e dai suoi accoliti: sono essi ad averci regalato negli ultimi 50 anni lo sfacelo che ci circonda, il barocco sfondato o il liberty stuprato, una carneficina diffusa e sanguinosa. Però ogni tanto un miracolo lascia in vita qualche posto come questo, un'oasi sempre troppo piccola e mortificata rispetto al cancro che sta cercando di divorare ogni cosa. 
A S. Giovanni li Cuti le case riescono ancora a ridere con i tre o quattro colori che hanno a disposizione : il grigio sfumato, il giallo pallido, il rosa diluito e il bianco. La piazzetta che guarda il mare ha nel centro il suo albero d'ordinanza e, in un angolo, la fontanella in pietra lavica lavora onestamente per assolvere il suo compito naturale: sprecare l'acqua preziosa sul selciato. Il mare s'insinua dentro una darsena grande come un bicchiere e accarezza le pietre lisce e nere dell'arenile.Le luci ormai sono accese, ma discrete, io guardo in basso verso l'acqua scura e oleosa che scivola lenta sulle barche allineate come muli attaccati ad una stessa lunga corda. Finalmente c'è la calma necessaria per lavarsi le mani, il risultato non è perfetto, ma posso accontentarmi, questa sera mi presenterà ben altri esami da superare. Passa qualche coppietta, mi guardano tutti con stupore e fastidio: cosa ci fa un tizio solo in un posto come questo? Eravamo venuti per stropicciarci un po' a comodo nostro e adesso 'sto cretino ha rovinato tutto ! Sono assolutamente certo che è questo ciò che stanno pensando. Non me ne frega niente, cerchino altre alcove, altri lidi, altre vite da consumare, io non cederò il nido a questi sparvieri da strapazzo, non stanotte. C'è un silenzio corposo solcato di tanto in tanto dal ronzio delle auto che passano veloci a cento metri da qui sul lungomare. Mi siedo con le gambe penzoloni sulla massicciata di cemento che fa da banchina, e sono finalmente solo. Ho cambiato spesso i luoghi dove vivere, ho provato a diventare cittadino del mondo, di questa piccola parte di mondo che mi è toccata in sorte, ma non sono un uomo adatto per tutte le stagioni. E' stata una forzatura: appartengo ad una sola città, anzi ad una parte di essa e le stagioni, una volta passate, si possono ricordare senza impegno eccessivo non rivivere. Negli ultimi trent'anni ho danzato spesso con dei sosia, facsimili del sesso, della parola, del pensiero e non l'ho gradito; danzavo con le lacrime agli occhi perché la musica mi è sempre piaciuta, perché se stai fermo sparisci, se non ti metti in gioco non godi, se non provi non conosci. 
Maledizione, sembra tutto così ovvio: ma io sapevo di aver a che fare con surrogati, lo capivo quasi subito e…ci provavo lo stesso. Faccio parte di una generazione d'imbecilli cresciuta a pane e autocritica, gente che, a forza di cercare dove ha sbagliato, è riuscita a liberare tutti gli spazi per coloro che mai hanno avuto uno scrupolo e mai ne avranno. Lo ha detto fino all'ultimo un vecchio e allampanato giovanotto milanese: la mia generazione ha perso. E' vero Gaber, prendiamone atto, potremo anche riderci sopra, cambiare registro ma non cancellare la malinconia di una sconfitta annunciata. Se alzo la testa verso il cielo di fine estate non vedo stelle, troppe luci artificiali, troppe distrazioni. Ho un disperato bisogno d'onestà intellettuale perché l'ho sempre saputo o perlomeno percepito che, assieme a questa vita cruda, reale, con i suoi contorni netti e indiscutibili, c'è un'altra esistenza. Una vita diversa, trasversale, che emerge all'improvviso dentro i miei giorni per poi immergersi nuovamente nell'indefinito, nel probabile mai sicuro. Una sospensione capace d'assumere qualsiasi forma, in qualsiasi momento oppure non assumerla mai. Per me non è mai stato difficile galleggiare in questa nebulosa e nemmeno doloroso ; è vero semmai il contrario. Nella vita normale, quotidiana, sbaglio sempre e soffro senza voluttà nell'altra invece…che sogni, che gioie, che visioni. Un leggero brusio, un parlottare trattenuto, un'altra coppia che s'allontana e di me non saprà mai nulla. Non provo nessun dolore, mi difendo così dai molti distacchi e dal nomadismo della mia vita; ho sempre abitato in grandi città troppo diverse fra loro, mi sono accomodato spesso anche in piccoli paesi, mondi fini a se stessi, autosufficienti e orgogliosi. Nessuna cosa al mondo può unire Varese a Castelvetrano, Milano a Palermo, Paceco a Catania, Alessandria a Siracusa, la pianura padana e Capo Isola delle Correnti, Firenze e Grammichele, ma io li ho attraversati tutti e tutti mi son rimasti addosso. -Sei fortunato! Io della vita non ho visto quasi nulla.- Anna lo dice spesso: rassegnazione? Invidia? -Vi lamentate perché avete troppo, u Signori duna biscotta a cu' nun avi denti.- Poi, in genere, si gira e mi lascia con la sensazione di una cosa a metà…e se avesse ragione lei? Viaggi, traslochi, cambiamenti, addii, sono stanco di distacchi; ho avuto troppo o troppo poco e la rabbia allucinata di un'ora fa sta montando di nuovo, però adesso non so dove andare, tutto esaurito dal centro urbano agli eremi silenziosi ma qui non resto. 
Prendo la macchina e lascio campo libero.... carusi ripigghiativi i cuti, io scinnu chiù sutta. Un altro spostamento e questa volta per scelta precisa o, meglio, per un assoluto bisogno mentale..... Guiderò per una settantina di chilometri, devo raggiungere un altro mare:so esattamente cosa è successo, la mia mente si è messa in cammino in modo autonomo: io la conosco bene, si fermerà da sola per sfinimento e finalmente mi lascerà dormire; ma adesso galoppa veloce verso sud, verso Ortigia, verso un angolo preciso di strada, in direzione d'antiche stagioni mai dimenticate.

venerdì 8 marzo 2013

ROMANTICI -

Ci infrangiamo sulle parole, sui loro spigoli lasciamo i resti di innumerevoli naufragi. Navighiamo attorno ad un concetto antico, vorrei dire obsoleto, ma bene o male viene sempre fuori una parola, quella parola che tenta di raffigurare la tempesta e la passione, l’istinto del silenzio dopo una danza vorticosa, il senso di un’infinita rincorsa: romantico, romanticismo. Sono romantico? Siete romantici? Cosa siamo quando ci denudiamo e, in segreto, malediciamo il pudore di abbracciare il nostro cuore con la mente? Una nota può raggiungere il cielo anche se lo strumento sta nel fango e un essere umano ha il diritto di crederci almeno una volta nella vita. Scrivo con la percezione che non tutto vien fatto per nobili ideali ma non tutto nasce imbrattato dalla parte peggiore di noi… A volte torniamo ad essere bellissimi.

martedì 5 marzo 2013

ARISTOCRAZIA -

Parlare di aristocrazia oggi e soprattutto nel web potrebbe sembrare pericoloso e probabilmente lo è: troppi malintesi, troppi vuoti, così il tessuto sembra pieno di strappi, mancanze. Ma il concetto che volevo esprimere non ha intenzioni contundenti è solo la mia visione di questo mio oggi, di questi giorni che mi allontanano sempre più da questioni e discussioni mal poste, infine resta solo una buona dose di silenzio dentro il quale rivedere o riscoprire le presenze che ho sempre amato.

venerdì 1 marzo 2013

OCCIDENTALE

Occidentale. Stanco di scrivere al vento e di far finta di condividere. Ucciso dalla inutilità di aver studiato e letto per decenni, di aver confrontato fonti diverse. Di aver amato il silenzio dopo la chiusura di un libro. 
Occidentale del Sud, più vicino alla Grecia che a Berlino conosciute bene entrambi. Da Lampedusa ho lasciato sul confine del mare una lunghissima carezza, l’ultima che mi ricordi di me e di te amore mio. Stanco e guardo a oriente dove sorge ogni giorno la speranza. Occidentale.

mercoledì 27 febbraio 2013

LA TRASGRESSIVITA' DI UN COMMENTO

Come avete potuto notare ho impresso a questo blog una certa accelerazione e ne ho spiegato i motivi; mi guardo attorno ( molto più spesso di quanto possiate immaginare) e vedo che in pratica sui blog nulla è cambiato. Le dinamiche relazionali pare che non possano svilupparsi se non nella identica direzione di sempre: commento- presenza-risposta-follow- costanza- attenzione- stanze riservate….etc etc Perchè dovrebbe essere diverso, pensateci. 
I commenti sono un blog. Sono anche l’eternità del post quando esso merita di vivere. Però i commenti sono un gesto d’amore e l’amore è intellettualmente esclusivo nel momento in cui lo pensi, definitivo e terribile appena lo hai scritto. Quindi commentare seriamente è trasgressivo e induce la gente ad odiare il miracolo che si crea tra il post e quel commento. Quando, fino a 6 anni fa, scrivevo su carta ero felice della mia solitudine e del tramite che costruivo ogni volta che l’attraversavo con le mie parole nero su bianco. Sui blog non è possibile, il tramite è nudo in pubblico, fragile e stuprato da occhi indiscreti. 
Non so che fare: non posso smettere di scrivere ma non posso nemmeno continuare a sottoporre le mie righe al ludibrio di un’interpretazione figlia di una cultura oscena e ignorante, la stessa che fa dire alla quasi totalità di chi mi legge – ti amo , sei mio- ti distruggo ! 
Quello che ho deciso di fare è fregarmene totalmente e riempire anche questo luogo delle mie cose, di tutte le mie cose. Ho anche pensato di eliminare la moderazione dappertutto: così la rete e alcuni intellettuali per modo di dire mi distruggeranno con gran soddisfazione. Io sparirò sommerso dal gossip ma chi resta comprenderà (in ritardo) che io avevo ragione. Pubblicherò questo post ovunque, ribadisco questo concetto da anni ma sono tutti sordi ed io continuo a fare le spese di una stupidità nascosta e imprevedibile anche da parte di blogger insospettabili!

lunedì 28 gennaio 2013

LA MEMORIA E L'OBLIO

Di cosa possiamo aver memoria? In genere, se non colpiti da demenza senile, di ciò che abbiamo vissuto in prima persona. Naturalmente non può bastare ma per millenni e in alcune popolazioni del pianeta è bastato e continua a bastare. Se non abbiamo esperienza diretta e personale l’unica via che possiamo percorrere per capire il mondo in cui viviamo è lo studio della Storia attraverso le scritture e le testimonianze altrui perchè se non si scrive di un fatto c’è il fondato rischio che il fatto semplicemente non esista. 
La tragedia dell’olocausto è diventata tale dopo la fine della seconda guerra mondiale quando nell’aprile del 1945 le truppe russe e angloamericane cominciarono a varcare i cancelli dei campi di concentramento nazisti e, appresso ad esse, entrarono anche fotografi e cine operatori. Il giorno della memoria inizia ufficialmente lì. Ma è sbagliato è una menzogna, un comodo alibi. I fatti erano precedenti e non vi era bisogno di alcuna memoria, solo di normale consapevolezza. I ragazzi tedeschi che oggi hanno 18-20 anni sono i figli di coloro che avevano la stessa età 5-6-7 anni dopo la caduta del nazismo. I padri di questi ultimi a loro volta erano nati da coiti avvenuti presumibilmente da coppie che negli anni trenta avevano raggiunto la maturità sessuale. Solo quella? Dove erano i nonni e le nonne della signora Merkel& co. all’epoca delle elezioni federali tedesche del luglio 1932? Vi parteciparono? Presumo che da bravi e disciplinati tedeschi lo fecero. Nessuno di essi è responsabile dell’aver fatto diventare i nazisti la seconda forza del Parlamento (Reichstag)? Io chiedo ai tedeschi di oggi di informarsi finalmente, di ricercare nelle pieghe della loro memoria dove fosse il loro seme Il 30 gennaio 1933 quando il presidente Paul von Hindenburg nominò Adolf Hitler Cancelliere della Germania. Le stesse domande dovrebbe porle l’Europa intera anche a noi che siamo usciti dal Fascismo e non sono quesiti da poco, dovrebbero bruciarci la pelle e farci chinare la testa. I nonni dei burocrati tedeschi, dei cittadini tedeschi, i padri che dopo il disastro bellico da essi provocato, ricostruirono in tempi record il loro paese, gli uomini che hanno fatto della Germania un pilastro ( anzi IL pilastro) della nuova Europa…tutti i 20 milioni circa di tedeschi che la notte del 27 febbraio 1933 videro bruciare il Palazzo del Reichstag o ne ebbero sicuramente notizia i giorni dopo, che seppero delle accuse contro Marinus van derLubbe e dei fatti immediatamente conseguenti. I tedeschi che si trovarono sulle spalle il Decreto dell’incendio del Reichstag e le successive eliminazioni dei diritti democratici e civili da cui fisiologicamente scaturì nel marzo 1933, il Decreto con cui il Reichstag conferì poteri dittatoriali al cancelliere Adolf Hitler, dov’erano? Che facevano? Per chi votarono? La shoah anzi la soluzione finale della questione ebraica (EndlösungderJudenfrage) iniziò lì, in quel periodo fino ad arrivare alla trionfalistica ufficializzazione congressuale della Conferenza di Wannsee del 1942.
Io ripeto la domanda che tutti dovremmo fare: dov’erano i tedeschi allora? Ogni cittadino tedesco negli anni tra il 1933 e il 1939 aveva almeno un paio di vicini ebrei, la lattaia, il calzolaio, il commerciante di frutta e verdura, il professore di scuola, lo scienziato, la casalinga, il compagno/a di scuola, la cameriera, il cuoco/a, il manovratore del tram, la puttana e i suoi frequentatori…………… Tutto un mondo civile accanto al proprio, ed io ripeto la domanda: signori, quando in breve tempo avete visto scomparire questi cittadini che vi vivevano accanto, possibile che non vi siate posti nessun interrogativo? E’ mai possibile? Come è possibile! In quegli anni non avete mai visto stazionare nelle vostre stazioni un treno strano, blindato? Mai una voce, un gemito…mai un dubbio? Non avete mai osservato da lontano una zona come quella di Dachau ? E nessuna domanda vi è sorta spontanea? Nessuno dei vostri parenti militari o altro vi disse mai, magari di nascosto, che… Il mio giorno della memoria è un atto di accusa contro tutti coloro che pensarono e oggi ancora pensano di non essere coinvolti, di non avere e non aver avuto responsabilità perchè ” non c’erano”.
Non è vero! Voi c’eravate perchè c’erano i vostri padri e i padri dei vostri padri; sulla eliminazione delle vostre coscienze pavide è stato costruito il vostro benessere quello stesso che oggi ci sbattete in faccia con il tono dei professori cui dare conto dei nostri compiti. Conto di che? A chi? L’europa dopo il massacro della guerra avrebbe dovuto tenervi in quarantena per un secolo. I vostri padri, i vostri docenti avrebbero dovuto mettervi sotto il naso per decenni le foto orribili che i primi reporter scattarono entrando ad Auschwitz, Chełmno, Bełżec, Chełmno, Sobibóretc etc. Chissà se fin da allora avreste avuto la stessa arroganza etica di dire – ma noi che cosa centriamo? Perchè il problema vero di un giorno come questo non è quello di aver memoria, ricordare, ma di capire e avere la forza etica di dire, mettendosi la testa fra le mani, Dio mio cosa abbiamo fatto! Ed espiare a lungo senza dare lezioni a nessuno, tantomeno di economia politica e ordine sociale. Non v’è memoria senza conoscenza e non può esserci sapere senza analisi. Senza lo studio di quelli che furono le premesse ideologiche della superiorità della razza, senza la conoscenza della storia tra il 1919 e il 1945 in Europa non ha senso nessun giorno della memoria. Esiste un’etica profonda e generale che l’umanità sconfessa con vergognosa noncuranza, un termine di confronto che attraversa intere generazioni e che viene rimpallato tra di esse come una pietra incandescente: brucia tra le mani e fa male, meglio dimenticare e dire io non c’ero, io non ne ho colpa. E’ il sistema con il quale, nei decenni posteriori a quello orribile del secondo conflitto mondiale, milioni di esseri umani hanno “ricordato” la Shoah e dimenticato i Gulag, le prigioni dei vietcong, Guantanamo, le carceri cinesi o quelle turche e ad altri innumerevoli campi di concentramento senza svastica. Altro che giornata della memoria, non abbiamo altro che complesse operazioni di cancellazione radicale. Scrissi anni fa un post su questo stesso argomento, fu valutato positivamente ma non diceva nulla! Non serviva a nulla, come a nulla serviranno adesso le manifestazioni e i discorsi ufficiali; quel post è un guscio vuoto. Allo stesso modo è questa ridicola comunicazione tra sordi nella blogosfera, mielosa e ideologica ad oltranza e priva soprattutto di conoscenze storiche adeguate. Invece di leggere queste mie sciocchezze più o meno auliche, di complimentarsi più o meno dolorosamente tra noi ( o parte di noi) per la nostra coscienza rivoltata come un calzino per l’occasione, invece di ricordare la memoria, sarebbe più etico perdere un po’ di tempo e leggere …leggere dell’avvento del nazismo, dei suoi epigoni, delle sue basi ideologiche, delle dinamiche che portarono Adolf Hitler da piccolo e furioso politicante a unico profeta del terzo Reich passando attraverso il suo disgustoso MeinKampf. Ma non siete stanchi di gusci vuoti? La giornata della memoria si onora studiando con attenzione come l’uomo si può trasformare in un escremento in divisa con buona pace di molti culi puliti e candidi.Non le si fa nessun buon servizio dicendo -orrore, mi dispiace, non accadrà più- Perchè accade, è accaduto sta accadendo e noi siamo coinvolti sempre. E la storia dei culi che bisogna studiare per evitare ulteriori “inconsapevoli” defecazioni. Chiudete i blog e aprite un libro, anzi i libri.

mercoledì 16 gennaio 2013

LA VIRTU' DEL PESCATORE

La pazienza è la virtù specifica del pescatore, l’impazienza quella degli altri. Si getta la lenza da uno scoglio, in un punto dove solo il pescatore conosce bene il fondo. E si aspetta e l’attesa può durare anche molto tempo. Mentre passano le ore e le stagioni diventa naturale riflettere e ricordare; l’analisi può essere illuminante e definitiva in questi casi, comunque un punto di riferimento. Le decisioni sono sempre secondarie anche se prevedibili: spesso ho atteso fin oltre l’ultimo minuto accettabile, per affetto o paura del nuovo ignoto che mi attendeva. Quando il grosso pesce arriva è sempre una sorpresa, un insulto alle proprie capacità di preveggenza: lo aspetti sempre qualche minuto dopo… 
La stanza segreta è qui e adesso, è una storia iniziata molto tempo fa. E’ l’attimo in cui arrivi a quella comprensione che ti sfugge da sempre. E’ un legame profondo, irrinunciabile, uno scrivere e pensare da lontano con una vicinanza intellettuale rara. La stanza è un simulacro dell’illusione di poter condividere ma è anche la definitiva sconfitta di un sogno leggero e invidiabile. Era risaputo, era scontato che l’apertura della porta avrebbe portato con sé una sospensione infinita di questo spazio. La preda si libererà dall’amo con uno strattone e libererà finalmente anche me: un segno di affetto profondo. Io non ho rimpianti, stare qui mi è piaciuto davvero , condividere anche i disaccordi o le reprimende ancora di più. Ma vi sono cose che non è possibile raccontare, forse solo intuire. Non chiudo, resto qui così con tutti i miei orpelli in bell’ordine, commenti compresi, in una tensione infinita che è il solo segno di una vita diversa perché al fondo di tutto non sono un ladro ma solo un sognatore. Come tanti.