giovedì 29 marzo 2018

MONTALE

Eugenio Montale ha esercitato un influsso molto profondo e durevole sugli autori delle generazioni successive: non tanto per motivi di carattere formale (Ungaretti è stato molto più incisivo da questo punto di vista) bensì per motivi di carattere sostanziale per la visione e il sentimento della realtà. Ma per tutti o quasi quelli della mia generazione è stato l’ermetico per eccellenza e alla fine abbandonato. Una sera di febbraio del 1972 chiusi anch’io un suo libro: troppa fatica e nessun sugo. Chiusi e affermai che non mi avrebbe rivisto mai più (ho sempre avuto un rapporto personale con i poeti). Mi mancava il tempo solitario e l’intuizione, mi mancava il modo perchè ce n’è uno diverso da poeta a poeta, da stagione a stagione. Quando li ritrovai Montale scorreva fluido come acqua di sorgente ed io mi stavo già innamorando. Ancora oggi io non vedo nessuna vistosa rottura con la tradizione precedente sul piano delle soluzioni espressive, non noto nessuna innovazione di particolare rilievo. Sento invece, profonda, una continuità tonale con tutta la produzione che è stata alla base della sua formazione poetica e che comprende da Pascoli a D’Annunzio passando dal suo conterraneo Sbarbaro. Montale insomma non ha “trovate futuristiche” ma concentra in modo esclusivo la sua sensibilità ritmica, sintattica e lessicale su un lirismo asciutto, severo, essenziale. 
roppo classico per un sessantottino nel pieno delle sue funzioni: un signore in giacca e cravatta che dal 1938 in poi, dalle Occasioni in poi, fu visto come un maestro anzi il maestro per eccellenza; il più ascoltato e autorevole poeta in ambito specificatamente letterario. E’ stato un crescendo graduale non un esploit, questo sobrio e austero detentore di una forma poetica, di un messaggio e della sua verità profonda non poteva che essere considerato un punto di riferimento. Oscuro, difficile, inarrivabile o troppo semplicemente ardito da risultare scomodo. Per me scomodissimo tanto che una sera di aprile glielo dissi a muso duro dopo aver chiuso il suo Satura II: Eugenio la smetta! Basta con tutta questa condiscendenza verso di lei, basta con questo continuo ossequio verso le sue opinioni che sembrano guidare la scena letteraria e poetica anche adesso (eravamo alla fine dei settanta). L’austero signore non rispose e mi guardò in silenzio. Poi riaprì il libro e mi recitò “Gli uomini che si voltano”


Probabilmente
non sei più chi sei stata
ed è giusto che così sia.
Ha raschiato a dovere la carta a vetro
e su noi ogni linea si assottiglia.
Pure qualcosa fu scritto
sui fogli della nostra vita.
Metterli controluce è ingigantire quel segno,
formare un geroglifico più grande del diadema
che ti abbagliava.
Non apparirai più dal portello
dell’aliscafo o da fondali d’alghe,
sommozzatrice di fangose rapide
per dare un senso al nulla. Scenderai
sulle scale automatiche dei templi di Mercurio
tra cadaveri in maschera,
tu la sola vivente,
e non ti chiederai
se fu inganno, fu scelta, fu comunicazione
e chi di noi fosse il centro
a cui si tira con l’arco dal baraccone.
Non me lo chiedo neanch’io. Sono colui
che ha veduto un istante e tanto basta
a chi cammina incolonnato come ora
avviene a noi se siamo ancora in vita
o era un inganno crederlo. Si slitta.

Sei un cretino Enzo, tra qualche anno sarai così, sarà questa la tua dimensione esistenziale. La poesia precorre i tempi, recita una punteggiatura affettiva e erotica che tu ancora non conosci, non dipende da me che l’ho scritta perchè le sue righe erano già dentro il tuo animo, dovrai solo trovarle, quando avverrà capirai e sarà troppo tardi. Anche per chiedermi scusa! Quarantanni ti sono bastati Enzo? Sei slittato molto tempo fa e ora corri sereno verso la fine senza sapere se fu un inganno o una fede che non vuole cedere.

martedì 27 marzo 2018

GUASTATORI CRONICI -

I Blogger che scrivono della blogosfera, delle sue dinamiche e dei problemi ad essa connessi sono pochissimi: io tra questi. Quelli come me vengono in genere etichettati come guastatori cronici ed evitati con sussiego. Riflettere sul mondo in cui operiamo con spirito critico e sincero viene qualificato tout court come atteggiamento indesiderabile. Leggere in rete o su un libro chilometri di pagine senza capirne realmente neanche una è diventato un fenomeno comune. La filosofia non mi pare sia diventata più assimilabile da quando è comparsa anche su Wikipedia. Non è la dimensione virtuale della cultura a far la differenza ma la curiosità intellettuale di chi ci si approccia (qualunque sia il supporto).

venerdì 23 marzo 2018

QUEL CHE FARO' -

Vado a leggervi, vi prendo le pagine non potendo farlo con le vostre vite, le sfoglio, le annuso e non cercate di fregarmi perché sono vecchio e antipatico…Sfoglio con attenzione le pagine di questo blog, ne studio le righe e resto silenzioso ad ascoltare l’eco di parole ormai lontanissime: in fondo non mi dispiace sia così. Ho una lucida coscienza di me stesso, non crediate sia privo di capacità di auto valutazione: un blog gestito dal sottoscritto non poteva essere diverso né poteva aspirare a simpatiche levità sociali.

mercoledì 21 marzo 2018

CREUZA DE MA -

Riordinare i pensieri? Impossibile, troppa fatica e io sono pigro, molto pigro, al punto che vorrei che queste righe si scrivessero da sole e raccontassero di come la nostra vita è plasmata dal grembo naturale che ci accoglie dalla nascita, dai seni che ci allattano bambini, dal pane e dall’olio col pomodoro, dal profumo di basilico e dall’accento del dialetto che ascoltiamo quando ancora abbiamo strada davanti. Quattro passi fra il piccolo molo e gli scogli neri, una trazzera di’ mari da queste parti una creuza de ma’ mille chilometri più a nord…La musica e l’arte che sono amore e passione li fanno coagulare assieme, diventano il medesimo sentiero, la stessa placida prospettiva. Tutto questo non cambia una riga della mia vita, della mia pigrizia sostanziale; nel mio sud c’è un altro mezzogiorno, un altro alito tiepido da cui non riesco a staccarmi…nonostante la giacca e la cravatta. Nonostante la lingua italiana.

domenica 18 marzo 2018

IL TEMPO OBLIQUO

Questo è un tempo obliquo, questo degli ultimi anni: quello che mi divora sul blog e sulla carta. Non posso dire che non mi appartiene ma vorrei che se ne andasse altrove a intorbidare il cuore. Trascorro una buona parte del mio tempo "ludico" su queste pagine elettroniche ma il mio tempo vero è altrove su un poggio a scrutare una porzione di azzurro marino incuneata tra il monte e la vigna; il tempo diretto è un ragazzo senza freni che mi ha raccontato altre storie con altre parole e altre intenzioni. Credevo di incontrarli tutti i visi che ho amato: gli uomini e le donne che, secondo me, dovevano essere tutti qui a vagare fra queste colline e il mare. Si sono celati nel gran corpo della terra: di loro hanno lasciato, qua e là, soltanto l’eco sciolta del loro essere persone…e mi hanno dato una lezione di asciuttezza e dignità. Ho sperato che ci fosse almeno lei, doveva esserci e ho gridato il suo nome al vento ma non è tornato niente indietro: così sono inciampato nei sogni e, adesso, andarmene sarà solo un’illusione. Voglio dirvi che ho camminato tanto da scordare il punto di partenza, che mi sono finto mille altre cose da quest’uomo che guarda ostinatamente davanti a sé. Non c’è astio, non c’è rammarico ma ho capito che non sono più qui: ho capito di avere un senso solo col vento vero sulla faccia, con i ricordi che non si possono raccontare. Omologazione va letta in questo modo insieme ad Enzo Rasi, tornare o sparire in un modo o nell'altro fa parte del suo DNA; le pagine hanno questo terribile pregio, restano, le riapri e le usi come trastullo della mente e del cuore quando più ti aggrada. Ciò che si scrive testimonia sempre qualcosa o qualcuno, annullarle equivale ad uccidere definitivamente chi le ha prodotte. Io non le ho annullate.

venerdì 2 marzo 2018

LIGHEA

Imparai da bambino a centellinare
la magia che una ragazza
sparge attorno a sé.
Scivolare tra le pieghe di un suo
sguardo,
assaporare poi, nel ricordo
di un’ora dopo, la trasparenza di una
mano,
il particolare timbro di un
silenzio,
gli altri mondi soltanto accennati
in un volgere del
capo.
Ti osservo ancora a quel modo
e tu giochi a far finta di non
saperlo.
Imparai da ragazzo a rincorrere la
diaspora di pensieri che una donna
porta con sé.
Ed è così che non ho mai scordato
il primo stupore
di te.
Un po’ di quella magia ancora
s’insinua tra noi come
una carezza di seta al termine
di questo giorno.
In qualche luogo della Sicilia
orientale al termine di questa
estate.