giovedì 11 dicembre 2014

LA FEDE E IL RESTO -

Credo che non siamo solo quel che si vede o si scrive, non finiamo qui e non siamo terminati col nostro termine organico: vorrei chiamarlo Dio ma l'entità religiosa ufficiale con la quale sono cresciuto me lo ha tenuto distante da almeno 20 anni a questa parte. Non è colpa del Signore ma di certe interpretazioni, non è colpa della Croce ma dei roghi accesi attorno ad essa dagli uomini di chiesa. Spesso è stato il Vaticano ad allontanarmi dalle manifestazioni pubbliche di fede.

giovedì 4 settembre 2014

LIQUIDA

Piove ininterrottamente da ieri. Col viso poggiato sui vetri della finestra disegno fiati e gocciole che pian piano scivolano giù. Non ho stagioni preferite in assoluto, piuttosto mi piace il loro alternarsi, il loro correre e trascorrere le une nelle altre. Come la mia vita e le vostre che sento frusciare dietro i separè degli indirizzi informatici. No, non è tristezza, sono solo acquattato sul battito del mio cuore. Più tardi mi innamorerò di un’altra donna fingendo di non riconoscerla poiché è sempre la stessa. Le dirò: " Sono qui, dai un senso alle cose che vedo, fa uscire la musica dai miei simulacri incantati ad immaginarti. Amami per nulla, per tutto, adesso così senza rendez vous, amami perché hai capito…o fingi con un sorriso che io sia ancora il ragazzo dai capelli rossi e gli occhi chiari che avresti potuto amare".
Attendo una risposta da una vita ma mi giungono solo frasi a metà, difficili da interpretare, più adatte a un malinconico ripiego che ad una scintillante avventura. Piove, meravigliosamente piove, l'acqua detta un ritmo diverso al mio tempo, lascia dentro di me pozze piene di riflessi tremolanti: vi sbircio dentro e l'uomo che sono ritorna bambino con dei contorni imprecisi e molti sogni ancora da afferrare. Prima del grande secco dell'anima.

giovedì 24 luglio 2014

SUL CONFINE

Girarsi e chiedere.
Credere all'illusione di capire e capirsi.
Scrivere perché la mia comprensione
precede la tua e riempie la notte
del bisogno di noi.
Le mille ragioni dell'avventura
si fondono nell'unica seduzione del pioniere
che comprende il confine attraversato
 solo dopo esserne stato sconfitto.

domenica 13 luglio 2014

UN COMPITO INFINITO

La maggioranza dei blogger è di sesso femminile ed io senza possibilità di dubbio le prediligo: lo riconosco è una mia debolezza fastidiosa ma le blogger mi intrigano e non le capisco quasi mai. Se ci rifletto appare evidente che la colpa di quasi tutti i problemi su questo blog hanno origine in questa mia predilizione.
Devo confessare che fu una donna, mia madre, a spingermi a scrivere fin da ragazzino... mi guardava di sottecchi e sorrideva, credo che di nascosto leggesse poi quel che scrivevo ma non ne parlava mai, almeno non direttamente. Attorno ai 14 anni mi disse che il potere di immaginazione che mettevo nello scrivere mi avrebbe rovinato (disse così) ma che non c'era nulla da fare, l'unica cosa era farlo diventare almeno un buon italiano, la poesia della vita avrebbe fatto il resto. A volte leggendo certi blog in rete l'immaginazione si sposa ai ricordi di ambienti dimenticati, non li frequento più dai tempi lontani delle mie prime fregole adolescenziali quando amavo eccitarmi coi sussurri e le risa trattenute delle amiche di mia madre. Non c'è una moda per un gineceo, il senso della donna è eterno, certe dinamiche mentali pure; in un certo modo un uomo è sempre al seguito e la sua prevaricazione ostinata nasconde una sconfitta. Non so perchè ma vorrei parlare d'amore, è il solo momento in cui possiamo incontrarci. Fuori da questa particolarissima condizione una donna è un animale a sangue freddo, lucida e attenta come un legale di vecchia esperienza; se non riesce a programmarti e non crede più alla possibilità di progettarti ex novo cessa di amarti. Ma non sono più completamente sicuro nemmeno di questo, credo che ci sia una strada alternativa, nascosta nel puzzle delle relazioni umane, una via che comprenda nel suo divenire la summa del desiderio femminile: essere compresa, presa e sorpresa. Un compito infinito.

giovedì 26 giugno 2014

POESIA DI UNA RIGA

Poesia di una riga 
scorciatoia per un paradiso senza rate 
posizione certa del mio vivere incerto. 
Mi avvito senza fretta
e sono già dentro il sogno 
il cuore dentro 
e gli occhi fuori a scrutare il fastidio 
e la mancanza le buone maniere 
e il mio definitivo commiato.

domenica 8 giugno 2014

TERRONE-

Esaltare la propria terra, difenderla per principio non è gesto equilibrato e nobile sic et simpliciter: è prima di tutto una reazione fisiologica proporzionale all’aria che si respira ormai da tempo in questa Nazione. Maggiore e più insidiosa è la denigrazione continua e argomentata nei confronti del sud tanto più immediata e stizzosa è la mia reazione.

sabato 31 maggio 2014

BENIGNI, L'ANIMA E LA CULTURA DELLO SPIELBERG

Benigni è un guitto di spessore perché possiede una misura furba istintiva che esula dalle accademie e dai circoli culturali nobili e affermati. Lui dà sempre l’impressione di essere passato per caso, di venire dalla strada e che sta per tornarci da un momento all’altro. E’ capace di dire cose alte e sorprendenti all’interno di un contesto mediocre e lacunoso: asserire e smentire contemporaneamente, blandire e urtare allo stesso tempo sempre con un sorriso che pare debba funzionare come un viatico ad una perenne assoluzione.
Benigni ci ha ricordato una cosa cui nessuno ormai fa più caso, noi siamo una nazione in cui la cultura è nata prima ancora della nazione, e la cultura quella vera, avvicina e non divide, la cultura è un faro nella notte delle ideologie parziali, un patrimonio da difendere e da offrire a chi vuole conoscerlo. Non ha detto che dobbiamo “svenderci” al primo offerente, ha riaffermato invece la necessità di un risveglio dalla notte delle mediocrità spacciate per assiomi universali, il bisogno di vivere i sogni nella realtà se di essa si vuole essere partecipi. Mi domando cosa si può affermare di più nobile nell’anniversario di una difficile unità come quella italiana. Se non si ha anima, se non si vuole vedere al di là dei propri confini regionali, se si preferisce sempre e comunque affidare il proprio destino intellettuale ad ideologie che parlano un dialetto che rinuncia a diventare lingua, in questo caso non tanto baracconi evidenti come Benigni o Sanremo diventano stucchevoli ma noi come insieme che fingiamo un abbraccio che diventerà mortale, e ci lascerà soli chi al di qua chi al di là di uno stretto. Fuori da questa prospettiva sentimentale non c’è, a mio parere, il federalismo, di cui molti parlano e pochi conoscono la vera identità, c’è la secessione, il ritorno a prima dei Mille. In quel contesto io torno ad essere un cittadino del Regno delle due Sicilie e la maggior parte dei commentatori di questo post i nuovi abitanti di una nazione totalmente nuova; la Padania. Preferisco gridare “Viva l’Italia” signori. Se non lo diciamo noi gli Spielberg d’Europa sono pronti a rientrare in funzione.

mercoledì 16 aprile 2014

A PALERMO IN PRIMAVERA, UN THE IN SALOTTO E IL FUTURO IN AGGUATO

Mi fa impressione rileggere e ripubblicare questo testo scritto  nella mia casa paterna circa trentanni fa: una grande malinconia e la certezza che se queste emozioni non fossero state fissate nero su bianco io oggi le avrei quasi dimenticate. Scrivere aiuta a vivere? Certamente aiuta a non dimenticare. Dentro queste righe c'è una parte importante della mia seconda vita, un fardello pieno di luci e ombre, di volti e voci ormai perse per sempre. Quello che cercavo allora non l'ho ancora trovato.

Maggio 1979.Prima di andarmene a cercare altrove quello che avevo considerato perso qui. 
Dal balcone di casa mia si vede il mare; il golfo, per intero, dall'Addaura all'Aspra, l'ho sempre davanti agli occhi. E' un invito perenne a partire: non so quando lo prenderò sul serio, so soltanto d'essere diventato una corda di gomma, estensibile a piacere, adattabile a varie misure. Niente e nessuno può raggiungermi, io ho ancora paura! Trascino le mie giornate, in pratica faccio solo questo, però so darmi un tono. Sono poche le persone che sanno veramente di me, che conoscono la ferita e non scambino la mia indecisione per riservatezza. Ho ripreso in mano i libri di medicina con risultati più miserevoli di prima: mi manca una vera motivazione e poi non sopporto più nulla dell'ambiente universitario, dalle aule ai docenti, alle lezioni, ai discorsi con i colleghi… la verità profonda è che non accetto più me stesso e ciò è estremamente pericoloso.
Mi sento "giusto" solo quando trasmetto in radio, è ridicolo, a volte me ne rendo conto, ma è così. Per riempire le settimane che non passano mai ho accettato gli orari più strani e i programmi fiume: riesco a reggere un'ora e mezzo di musica progressiva e alternativa assieme a Giovanni Russo, non è cosa da poco. Mandiamo gli Area, i Led Zeppelin, Klaus Schulze… c'è un pezzo che m'intriga parecchio e si chiama "concerto per una porta e un sospiro", a me pare ciò che più si avvicina al mio modo d’essere; il vero problema sta nel fatto che non riusciamo ad infilare gli stacchetti pubblicitari fra un brano e l'altro. Dolfo Miceli ci ha detto che la dobbiamo finire con sta' camurria, che se non mettiamo la pubblicità ce ne possiamo andare a fare gli alternativi sulla spiaggia di Mondello o dentro il cesso di casa nostra! Ieri sera riunione di redazione: Giovanni ed io all'ordine del giorno ( anche se è sera?! ). Ad un certo punto, per spiegare allo zotico le obbiettive difficoltà estetiche che abbiamo col genere di musica che trasmettiamo, gli facciamo sentire un magnifico pezzo di Philips Glass in cui l'artista, per dare maggior risalto all'emozione della musica che colma lo spazio vuoto del nostro animo, nel mezzo preciso dell'ellepì lascia otto minuti di assoluto silenzio. Dolfo ci guarda sbigottito, non può credere che nella sua radio siano trasmesse cose simili.
- Voi siete scemi, totalmente pazzi! Ma vi rendete conto che la gente penserà che s'è interrotto il segnale, che è crollato il palazzo, che è morto il dee jay (lo spera ardentemente ). No, non si può ragionare con stronzi del vostro calibro ( è affranto ) voi mi manderete in…-
Si è bloccato all'improvviso e adesso ci guarda con occhi inspirati, vuoi vedere che abbiamo fatto breccia nel suo animo di gretto procacciatore d'affari? - Otto minuti, avete detto. Ma è perfetto, c'è perfino un margine di tempo. Ragazzi vi ho risolto il problema! La pubblicità la piazzate tutta dentro quegli otto minuti di silenzio! -.
Giovanni l'ha mandato affanc…io invece, che non ho nessuna voglia di abbandonare l'ambiente, mi sono scelto un'altra fascia oraria, adesso il mio cavallo di battaglia è il notturno da Radio Elle, 100,1 megahertz di magia stereofonica! Di notte sto bene. Prendo i dischi e vi lascio scivolare sopra la puntina; miscelo la musica dopo averla scelta, divento tutt'uno con lei. Faccio solo ciò che mi piace e, dall'ultimo piano di questo palazzo, Palermo è tutta ai miei piedi, la musica in cuffia e le luci della città che bucano il buio. Da un po'di tempo mi succede di uscire fuori da me e di osservarmi: è come se un altro uomo si materializzasse accanto a me e poi, scostandosi di qualche metro, mi scrutasse con estrema attenzione a braccia conserte. Non ha un'età definita, ma mi conosce bene: non è crudele con me ma molto esigente e, soprattutto, ha l'aria di chi conosce già il finale. Ieri notte ha messo un braccio sulle mie spalle e, mentre i Jefferson Starship attaccavano " Miracles ", mi ha detto: - Devi parlare con tua madre invece di cercare interlocutori improbabili. Ti farà bene e poi non hai altre scelte.E poi te ne devi andare, insomma è chiaro che qui hai fatto il tuo tempo e ormai giri in cerchio. Guardala bene questa città, Enzo, fissati il suo ricordo nella mente perché dovrà bastarti per lungo tempo.-
Chiacchierare con mia madre: non conosco molte altre cose più dolci e piacevoli. La osservo, mentre mi parla dei suoi anni da universitaria…penso all'enorme fortuna di mio padre. Del resto non c'è nessuno che, dopo averla conosciuta, non le abbia voluto bene per sempre. Devo confessare che una parte di me, la più pigra e infantile, da questa casa non se n'andrebbe mai. Non sarebbe magnifico mummificarsi fra queste stanze, crogiolandosi nel lutto per il mio amore infranto?
- Ho fatto un po' di the, Enzo, te ne porto una tazza? - Si, va bene. Così faccio una pausa con Patologia Generale-
Arriva presto con il vassoio e tutto il resto; siede di fronte a me e, come al solito, ha già messo il succo di un intero limone nella tazzina. Sono stufo di dirle che il limone lo doso io, ho il dubbio che si burli di me. A volte è ancora una ragazzina.
- A quando gli esami?- E' un po' timorosa nel chiedermelo. - Tra un mese.- Silenzio…
- Ma tu, mamma, quanto impiegavi mediamente per un esame?
- Non puoi fare questo tipo di paragoni, troppo diverse le materie e la struttura didattica degli atenei d'allora, non ti pare? Ha detto proprio così, sembra una professoressa, in pratica esattamente quel che è; figuriamoci se non facevo la figura del cretino. Meglio cambiare argomento.
- Che anni erano quelli della tua università? - Fammi pensare…beh, subito dopo la fine della guerra, il '48-49. In facoltà eravamo quattro gatti sai. Ci si conosceva tutti, in fondo l'ambiente degli universitari era abbastanza ristretto.
- Vuoi sostenere che eravate un'elite? - Si, lo eravamo…però ci mancava la coscienza sociale di esserlo, l'arroganza snobistica. Eravamo soprattutto giovani, Enzo, con una gran voglia di ridere, di amare. La guerra era ormai alle spalle.
Quando lo dice fa uno strano movimento con le mani: lo stesso di quando nomina la nonna e i fratelli che non ci sono più.
- E così in quell'ambiente hai conosciuto papà, universitario come te.-
Sorride, forse ha dimenticato i defunti. Lo spero, quello è un argomento terribile. Troppe ombre e ferite mai sanate, un rimpianto infinito.
- E' vero, ma l'ambiente dei primi incontri fu la Parrocchia di Via Terrasanta. C'era una bella atmosfera, avevamo grandi idee, grandi sogni. Tuo padre faceva parte di una compagnia teatrale giovanile, dovresti fartele raccontare da lui alcune cose. Ma sai che, per un po' di tempo pensai che corteggiasse una mia amica? Invece cercava lei per arrivare a me, alla fine fu quell'altra ad aprirmi gli occhi.
- Quindi trascorrevi lunghi periodi a Palermo?
- Dipendeva da varie cose, la città era bellissima allora. Tu non puoi immaginare quanto, Enzo. Oggi, beh... oggi è quasi irriconoscibile. Se sapessi cos'era passeggiare di sera fra Via Notarbartolo e Viale Libertà, il profumo nell'aria, le signore eleganti, poche macchine…
L'ascolto senza interromperla. Ha una voce musicale, in casa non c'è nessuno e noi non abbiamo altro da fare che inseguire le immagini dei nostri pensieri.
- Comunque gran parte degli amici e della mia vita era ancora legata al paese, ai compagni del liceo, ai parenti, agli amici di famiglia, Ti ricordi la signora Giannì? Abitava nella traversa dietro la Matrice, dove c'era la pasticceria di Don Cocò Vivona, prima del laboratorio d'orologeria di Giovannino Modica. E il dottor De Sabato? Tu l'hai conosciuto centenario, ma lui lavorò fino agli ottant'anni; lo rivedo mentre, durante la guerra, gira per il paese con il calessino per curare i feriti. Si era laureato alla regia università di Napoli, nella seconda metà dell'ottocento, a dirlo oggi sembra una cosa inventata. La moglie non l'hai conosciuta ma era un vero personaggio: la signora Totò che si piazzava davanti ai clienti del marito, dopo la visita per farli pagare perché il dottore… figuriamoci, lui se lo scordava sempre. Nella vecchia casa della nonna c'era una piccola porta che tu non puoi ricordare; metteva in comunicazione l'appartamento del dottore con il nostro. Lui così poteva venire quando voleva a visitarci, il palazzo era unico, lo sai. Poi sull'altro lato del corso, dopo la farmacia, ci abitava la vedova del pittore Gennaro Pardo. Restò vedova molto giovane, teneva sempre su un cavalletto in camera da letto…
La voce di mia madre è diventata un sottofondo: lei continuerà così a lungo ed io farò ogni tanto un cenno col capo, per non distrarla. Vorrei nasconderle che sono a spasso, per i fatti miei, per le strade di Castelvetrano; dobbiamo compiere due tragitti separati, tenendoci per mano. Su e giù per le vecchie scale della casa di mia nonna: ho nel naso gli odori, diversi piano per piano. Dallo studio fotografico, passando dal vecchio salotto, sino alla cucina, in cima a tutto. Dall'odore di sostanze chimiche in camera oscura a quello di gelsomino in salotto, per arrivare alla mitica pasta col sugo e melanzane fritte, un odore che vale un pranzo. Naturalmente nella mia mente in paese è sempre estate: il sole arroventa i marciapiedi e le cicale si sfiniscono nel loro perenne concerto.

Nello studio dello zio entra un uomo minuto vestito di tutto punto:un bell'abito grigio, i pantaloni sorretti da bretelle la camicia chiara con una cravatta verde e, in fondo alla mano, un bastone leggero da passeggio col pomello d'avorio. Da come si muove si capisce che è di casa.
- Professore Oliveri, sa' bbinidica. Come stiamo? La signora?- L'uomo risponde con grazia, la voce è minuta come il fisico. Si siede in poltrona con un movimento lieve ed elegante assieme, pare che non abbia peso.
- Vicenzino, buongiorno. La signora sta bene…qualche piccolo acciacco. Lo zio Leone invece, lo hai sentito? Combatte, mischinu, con un brutto affanno…forse il cuore… La stagione s'è presentata molto calda, le campagne sono già assetate… Vicenzino, ma non è la figlia del commendatore Infranca quella nella foto in vetrina?-
Il professore discute di queste banalità tranquillo, con un leggero sorriso sulle labbra mentre tormenta il pomello del bastone. Pian piano si esauriscono tutti gli argomenti: quelli familiari, meteorologici, di varia umanità. Resta un po' di cronaca cittadina: grande evento al Cine Teatro delle Palme, una compagnia di Palermo rappresenta "Il Trovatore" di Giuseppe Verdi. Anche il figlio del professore ha una parte nello spettacolo: meglio, una porticina nel coro… il ragazzo si farà, l'impostazione vocale è buona, per la presenza scenica bisogna lavorarci. Mentre parla, l'uomo si trasforma: i gesti diventano più ampi, anche il corpo sembra acquistare volume e gli occhi brillano felici. La lirica, il suo grande amore! Capace di trasformare una stanza qualsiasi in un palcoscenico teatrale. Una passione talmente grande da eliminare il senso del ridicolo quando inizia ad intonare un'aria dietro l'altra; mancano molte ottave d'estensione, ma non importa. Dove non arriva la voce lo soccorre il desiderio che gli brucia negli occhi, esce così dallo studio, salutando sulle ali del "Madre infelice, corro a salvarti". Resta solo un gran silenzio.
- Mamma, da quanto tempo è morto il professor Oliveri? - Da più di dieci anni credo, era molto malato… Le trema un po' la voce. Devo stare attento con mia madre, la sua sensibilità non è più controllabile da tempo. Basta poco: una parola, un nome, certe volte un aggettivo, i volti e i ricordi prendono vita e la trascinano via.
Adesso è una sera d'agosto asciutta e piena di stelle, qualche amico si è aggiunto a noi per la passeggiata serale tra i templi dorici e lei sta chiacchierando con Pisani e la moglie. Papà li ascolta attento, ci sono anche le figlie, profumano molto e sono molto belle; Pisani si tiene accanto la bambina più piccola, quella nata inaspettatamente sei anni fa. Il professor Pisani parla e spiega con vigore da par suo la condizione di quest'ultima sua figlia e la terapia medica a cui si sta sottoponendo. La bambina segue i gesti del padre con i suoi grandi occhi neri: sorride lieve…anche quando non dovrebbe.
- La farò vedere da uno specialista di Palermo. Si risolverà, tutto si risolverà!
E' deciso, come sempre Pisani: stringe a sé la figlia ma gli occhi ed il gesto dicono altro. Raccontano un terribile tormento e una rabbia sorda per un affronto che la vita non doveva fargli.
- E poi, mi deve credere, Concetta…- Abbassa il tono. - La battaglia più dura è vincere i pregiudizi della gente.-
Mia madre annuisce con affetto, forse pensa, come me, che la vita ha avuto un bel coraggio ad infastidire il professore. Lui è ritto come un fuso, più alto della media, fisico da atleta con larghe spalle e vita stretta, tutto nel suo aspetto mette soggezione: il viso dai lineamenti decisi, il naso grande e affilato, quasi scolpito, i capelli mossi e brizzolati, gli occhi scuri e indagatori. Ma è la voce ciò che più imbarazza: profonda e quasi senza inflessioni dialettali per lui è un'arma terribile. Parla poco, a scatti, con frasi brevi, asciutte quanto le opinioni che esprime, dure come giudizi inappellabili. Il professore è tale per un titolo conquistato "ad honorem": ha insegnato storia dell'arte durante la guerra ma non ha mai cessato d'esercitare la sua vera professione di scultore, intagliatore del legno e quant'altro. Pisani è un'artista. Guarda il mondo con un certo distacco, il viso burbero celato in parte dal fumo azzurrino dell'immancabile sigaretta. Qualche giorno fa, sfuggito al solito sonnellino post pranzo, in un caldissimo e solitario pomeriggio d'agosto, sono arrivato sulla soglia della sua bottega artigiana. Lui mi ha guardato con un certo cipiglio, però non mi ha detto niente ed io, che sono solo un ragazzino, ho interpretato il fatto come un salvacondotto e mi sono messo a curiosare in giro. La stanza, che s'apre direttamente sulla strada è enorme: un grande emporio di sogni per la mia fantasia. Teste e busti di gesso e pietra, fregi e sculture in legno, odore di cera, di stoffe e di strane vernici, pannelli carichi di lime, scalpelli, punteruoli, raspe e un arsenale di utensili sconosciuti. In un angolo semibuio, poggiato su una lastra spessa di compensato, troneggia un grande modello in legno del tempio E di Selinunte, in avanzato stato di lavorazione. Il modello non è in vendita. Quello è l'angolo di poesia e d'eternità del Professor Pisani. Senza rendermene conto me lo trovo dietro le spalle e mi giro a guardarlo: mentre si toglie di dosso un po' di polvere col dorso della mano sembra non accorgersi della mia presenza e sorride con gli occhi socchiusi. Quindi si accende l'ennesima sigaretta e torna al banco dell'intarsio, al mondo reale e quotidiano, quello dove la sua bambina non avrà speranza. Il the nella tazza è quasi finito, mia madre mi guarda in silenzio ed io non posso dirle nulla perché temo che possa leggermi nel pensiero, non voglio che vi scopra Pisani, la sua bottega e la sua famiglia.
Oggi è difficile allontanare la mente dal vecchio paese in collina, forse perché capisco che non ci saranno repliche di questo documentario in bianco e nero. Mio nonno diceva che niente rende meglio il carattere di un viso delle sue sfumature di bianchi, di grigi e di neri. Mio nonno era un fotografo e riempì il paese di visi, congelandoli nel rettangolo di una foto grafia; molti di essi ora dimorano, attaccati a delle lapidi, dalle parti del convento dei Cappuccini. Aveva ragione il fotografo, la brezza leggera che attraversa la grande piazza dove si affaccia il Teatro Selinus e il Palazzo Pignatelli è in bianco e nero mentre sta passando il cavaliere. Lo spazio sorride attorno a lui e non potrebbe essere altrimenti: il cavaliere Vajana ha una simpatia naturalmente fusa ad un garbo squisito. E' sempre vestito in modo impeccabile, sembra uno chansonnier francese dei primi del secolo, abito bianco immacolato, gilet,papillon, bastone da passeggio flessibile, scarpe lucide e paglietta. Non è un vecchio professore di liceo, nemmeno il notaio di famiglia, non è il farmacista e neanche il medico condotto. Il cavaliere Vajana esercita il mestiere di "apparatore", qualcosa che la nostra società, adesso, non riesce neppure a concepire. Egli cura l'addobbo ( l'apparato) delle chiese in occasione di qualsiasi cerimonia, festosa o triste: si occupa di tutto, dalle luci ai fiori agli arredi e ai tappeti. Quando è soddisfatto del suo lavoro, attraversa la navata centrale della chiesa, esce dal portale e poi rientra per godersi il colpo d'occhio. Pare che ogni cosa fili sempre liscia per lui, ma naturalmente non è così: talvolta, mentre parla o saluta, si guarda attorno con gli occhi stretti a fessura, guardingo. Si è reso perfettamente conto del nuovo corso delle cose e di come il paese non sia più lo stesso. Probabilmente avrà valutato questo nuovo progredire un fatto ineluttabile e ad esso si sia non sottomesso ma neanche opposto, semmai lo abbia un po' ridicolizzato. Per il cavaliere non vale la pena piangere sopra i bei tempi andati; di essi lui è rimasto, probabilmente, l'ultimo testimone e vuole uscire di scena con classe, senza piagnistei. Lasciare un buon ricordo, possibilmente allegro e vitale, questa è l'unica cosa da fare. Ed è appunto ciò che sta facendo, mentre attraversa la piazza vasta e assolata: un gruppo di bambini chiassosi corre appresso ad un maturo signore vestito di bianco. E' uno scherzo…o forse no ma gli si fanno più vicini: i cuccioli rischiano qualche bastonata per il loro ardire? Il signore si ferma e si mette a distribuire a piene mani caramelle con un largo sorriso, poi si muove, allunga il passo per sparire nell'aria tremolante di caldo. Addio cavaliere; ora posso partire anch'io. Il lungo giro dei commiati è terminato. Vado altrove alla ricerca di qualcosa che m'appartenga direttamente, senza mediazioni familiari, che sia esclusivamente mio, qualcosa che mi faccia uscire da questo volano infinito di memorie. Parto e non mi accorgo che sto fuggendo.

giovedì 27 marzo 2014

ORTIGIA

Stasera ad Ortigia la sera scende placida e piena di richiami sonori: dai grandi alberi sul lungomare gli uccelli si apprestano a lasciare spazio alla notte che viene. Non lo sentite l'eco lontana della voce di Dionisio... non avvertite il passo lento di Archimede sospeso dentro i meandri della sua mente in ricerca costante? Stasera il mare è un breve sentiero tra questa costa e l'altra immaginata, sognata, pensata. Studiata. E ' vicina la Grecia, comune lo Ionio profondo e ventoso, comuni i visi e i colori: questo è il Mediterraneo signori, la nostra fonte unica in cui si sono rispecchiati i sogni delle generazioni per millenni. Questi siamo noi e i nostri miti terribili e fanciulleschi assieme, la nostra poesia di vivere e pensare di essere eterni nel ricordo degli altri, nella letteratura degli altri. Noi siamo la Grecia vecchio e sordo professore dei soldi mancanti, tu forse no ma noi veniamo da lì. Una vita rincorrendo lo spread, il mercato, la finanza dei numeri astronomici…e incomprensibili. Una vita legata al niente spacciato per assoluto indispensabile. E che dire dei “sacerdoti” che predicano questa nuova religione? Gonfi di arroganza e soldi, una quantità di denaro rubata ai poveracci cui chiedono sacrifici. Sacrifici! Macelleria sociale, nessuna solidarietà, solo parole vuote da qualsiasi angolo, di destra o di sinistra; parole vuote e perfide, merda secca sulla quale si dovrebbero rifondare le nuove nazioni della nuova Europa. Il Web cosa dice? Cosa fa? cosa scrive?

IO SONO LA GRECIA, IL SOGNO. LA CULTURA, LA VITA. VOI SIETE SOLO ZOMBI E SARETE SPAZZATI VIA PRIMA O POI.

martedì 7 gennaio 2014

UN'ABITUDINE -

Non è di alcuna utilità fingere una positività che non mi appartiene da tempo immemorabile o addirittura scriverne: non si deve mai scrivere prostituendosi alla necessità sociale del momento. Così mi rendo conto ogni giorno di più di quanto sia "naturale" e triste questa mia reiterata abitudine sintattica e concettuale, quanto sia limitante ma ineludibile il mio modo di scrivere...o riscrivere. Le pagine sono moltissime e variamente addobbate ma il blog è unico!