sabato 30 maggio 2015

UN'ALTRA SICILIA, dedicato a Gingi

Signora, ignoravo l’abitudine del barone Cupani che somiglia per certi versi al tentativo di riempire lo spazio vuoto attorno a sè. 
Il Tomasi ne scrisse nel suo romanzo, descrisse questa netta e per certi versi incomprensibile astrazione dal mondo corrente di coloro che culturalmente appartenevano ad una dimensione esistenziale diversa. Nel ballo a palazzo Ganci l’umanità in trine e frack probabilmente credeva veramente che la loro stagione non potesse finire mai; l’USA air force nel maggio del 43 diede loro una secca e definitiva smentita. Non si sopravvive a se stessi, non è possibile congelare i mille congegni che fanno di tanti particolari una società complessa. Tuttavia per chi seppur brevemente ha conosciuto questo tipo di umanità e cultura è molto difficile non pensare che almeno di essa dovrebbe serbarsi il ricordo intellettuale. Il Lucio Piccolo di Calanovella è l’autore dei ” Canti Barocchi”, Giuseppe Mostro scrisse ” il gattopardo”; non resta solo il ricordo di stranezze e snobistiche scelte a metà strada fra il divertito , l’ironico e il sinceramente voluto, c’è una profonda e amara riflessione sull’esistenza culturale dell’uomo nel suo universo, una trasposizione letteraria assoluta e di gran livello. Per certi versi potrei dire che certi gesti erano solo l’aspetto propedeutico ad una meno risibile considerazione della metafisica umana: la vicenda umana terribile di Raniero Alliata, dei suoi ultimi 20 anni asserragliato nel palazzo cadente assieme alla consorte norvegese (credo) preso dal vortice di convinzioni storiche astratte ma funzionali a un’idea precisa ( essere l’ultimo dei principi del Sacro Romano Impero… una clausura terminata con lui nel 1965) tutto questo non potrebbe avere senso se non in un contesto fuori dai canoni usuali. Raniero fu un entomologo di valore internazionale, visse e morì solo; dei canti barocchi pochissimi conoscono l’esistenza, il principe Salina è l’unico di cui si parli ancora ma credo per pochi anni ancora. C’è una severa lezione in queste esistenze a metà strada tra il vero e l’irreale, qui il ” sic transit gloria mundi” diventa il viatico per una lettura più attenta della poesia del vivere. Ma forse straparlo signora, i suoi ricordi si tendono verso i miei e, assieme, volano via. Non credo vi debba essere più di un leggero rammarico per una saga che è terminata da tempo anche se non c’è nulla di più spettacolare, più appassionante, più artisticamente stimolante di una generazione che si mostra nella sua agonia. Ti prego perdona la mia lunga intromissione…ma mi sono limitato.

venerdì 22 maggio 2015

LA DIFFERENZA

A vent’anni non puoi trascorrere la tua vita appoggiato a un legno, hai bisogno d’altro senti lo stimolo di altre cose, c’è il sesso e il suo profumo… ci sono le donne, l’altra faccia del pianeta. A ventanni dimentichi e bruci in fretta. Per qualche strano motivo, in un primo periodo, anche le donne furono intrise dal gusto del politico e dell’impegno ideologico, ma fu una stagione breve e convulsa troppo lontana dalla mia indole e dalle mie aspettative.
Di fatto si era venuta a creare una situazione particolare, una specie di “ombrello” protettivo sotto cui riparare anche i sentimenti privati, un imprimatur laico senza il cui bollino le dinamiche sentimentali perdevano dignità. Una sciocchezza terribile e, come tale, rigettata da me in breve tempo. Ma il rigetto cominciò a segnare anche il mio distacco dalla routine dell’impegno politico e ideologico all’interno del movimento; quello che io credevo impossibile si ripresentava, sotto altre vesti, davanti ai miei occhi. Affermare e chiedere l’alternativa, l’autocritica, scelte diverse, democrazia e libertà di pensiero pian piano diventò solo un’affermazione “di merito” sciatta e senza vita. Insomma il fascismo di cui ci riempivamo la bocca nelle assemblee e nei cortei e la violenza che dicevamo di voler combattere noi l’applicammo in toto nel nostro modo di agire. Il segreto era non pensarci, non pensare e fare, nessuna riflessione fuori dagli schemi e, soprattutto, dalle sentinelle vigili accanto a noi, pronte a controllare e redarguire tuoi eventuali cedimenti. Nella Milano del 1970 io camminavo su un’asse di equilibrio sottilissima: al di qua e al di là non c’era nulla che io amassi veramente, nulla di cui potermi fidare ciecamente, c’ero solo io e la mia asse di equilibrio. Dei miei compagni di strada sta svanendo anche il nome: dalla primavera del 59 ad ora delle loro traiettorie è restata solo una scia indistinta Ne scrivo per questo, per fare la differenza. Ma allora e per un po’ di anni ancora io parlavo e basta, scrivere era solo un voto alto in pagella. Mia madre conservava i temi che facevo: li metteva in una cartelletta verde che nascondeva gelosamente. Le chiesi un giorno perchè lo facesse e mi rispose: “ Perchè ciò che si scrive è una persona, è il suo spirito”, poi mi baciò e tanto mi bastò. Per lungo tempo. Fu Tiziana dai capelli rossi a spiegarmi la differenza…e la sua spiegazione mi parve molto diversa da quella di mia madre e mi piacque di più. Oggi so che erano la medesima cosa…
Poca gente nella biblioteca d’istituto. Meglio, questa non sarà mai un’alcova però una stanza larga e quasi vuota è un buon palcoscenico. Oggi glielo dico, oggi o mai più. Chi se ne frega della ricerca di storia…è bellissima, la gonna a quadri chiusa da una enorme spilla d’oro e le sue gambe e il suo profumo leggermente speziato. Invade i miei sogni da mesi, non ho più una notte ristoratrice da quando la testa si è inceppata su di lei: quindi oggi glielo dico per non impazzire e non dichiararmi sconfitto davanti alle masturbazioni mentali e non. Ha già preso i testi e mi guarda, io sto fermo come un cretino a osservarla come un’opera d’arte.
– Enzo me la dai una mano a portare questi libroni sulla scrivania o devo fare tutto da sola?
– Eh…certo. Scusa.
Li prendo in fretta tutti, manco fossi un fusto da olimpiadi del sollevamento pesi…e cascano tutti fragorosamente a terra. Inevitabile, un classico che si ripete. Ma come faccio ad essere così?
-Madonna che casino…si sono rovinati?
– No, non mi sembra. Dai tiriamoli su e basta.
E’ mentre li posiamo sulla scrivania che sei troppo vicina per respirare, è adesso che ti prendo la mano e ti dico: “Tiziana ti amo”. La voce non sembra la mia eppure l’ho usata senza pensarci; è una voce da uomo che stona nel mio corpo da adolescente affannato. Ti giri, non parli. Mi guardi senza fretta. Qui niente e nessuno ha fretta. Mi guardi e io non riesco a smettere di bere i tuoi occhi… Era il primo anno di liceo classico quando una ragazza mi rivelò il mistero del parlare e dello scrivere: io le dissi ti amo, lei si avvicinò e si mise un po’ di sbieco affinché potessi ammirare la lunghezza delle sue ciglia e mi rispose: “Scrivilo, non dirmelo perché lo dimenticherai, scrivilo con un bacio.”
Ho parlato con migliaia di persone ed erano tutte chiacchiere importanti, l’unico ricordo che conservo di esse è un’eco lontana. Scrivo da quel pomeriggio in cui Enzo scrisse a Tiziana con un bacio lento e pieno d’aria che era innamorato di lei. Così Tiziana c’è ancora, con la gonna a quadri e lo spillone dorato e la camicia chiara sopra il seno ansimante. C’è perché ne ho scritto. Allora come adesso, scrivo per pesare di più sulla bilancia della vita o per continuare a crederlo. Ognuno di voi ha la sua ricetta e relativa posologia dentro la tastiera…miliardi di battiti e di baci, un firmamento di astri luminosi che contengono le nostre vite che continueranno a riflettere sulla terra anche quando i proprietari saranno volati via.