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Visualizzazione dei post da 2025

L'ODIO IN GIACCA E CRAVATTA

Non gridavano “morte agli ebrei”. Firmavano decreti. Non imbracciavano fucili. Compilavano elenchi. Erano medici, giudici, maestri. Gente normale, gente educata. Gente colpevole. Nessun filtro. Nessuna pietà. Come i peggiori crimini contro gli ebrei sono stati firmati da chi sembrava innocuo. Ben pettinati. Ben truccati. Beneducati. Il volto del male, a volte, indossa un doppiopetto. Non urla, non impreca, non spara. Ma firma. Firma decreti, protocolli, ordinanze. Chiude scuole. Espelle bambini. Compila liste. E nel frattempo ti guarda negli occhi, e ti dice: “È per il bene comune.” Il genocidio comincia sempre con un tono pacato Le grandi persecuzioni non iniziano con le camere a gas. Iniziano con il vicino che ti sorride mentre denuncia tuo padre. Con la segretaria dell’ufficio comunale che ti cancella dai registri scolastici. Con il preside che ti consegna la pagella e ti dice: “Non puoi più tornare”. È così che è cominciato. È così che hanno fatto fuori gli ebrei. Con garbo. 1492...

essere o non essere

Che io ci sia, risponda, non mi fa più vivo, mi fa solo più social: esisto ancora seppure in modo diverso e quando non ci sarò più se la scrittura è ancora fruibile qualcosa di me sarà restato. Con o senza interloquio la mia esistenza avrà un senso nonostante tutto. Io ci credo fermamente, è il motivo per cui al tramonto della mia vita sto lasciando visibili tutti i miei testi su TUTTI i miei blog: questa risposta vale per chiunque passi da qui e legga. Se in questi anni a seguito dei miei post ci fosse stato un vero interloquio, commenti che mi avessero dato l’opportunità di sviluppare un discorso più ampio centrato sullo scritto allora sarei rimasto, avrei avuto uno stimolo in più. Ma così il discorso è da ritenersi chiuso. La scrittura resta, i mei sogni restano, la mia vita non muta per i desideri superficiali di altri, Enzo è vivo nel suo intelletto e nelle cose che scrive. Che sia letto, accettato, conta meno. Lasciare una traccia di me era importante. L’unicità è un grande preg...

Webrunner-

Più di 20 anni in rete e centinaia di post, altrettanti incontri e molte questioni irrisolte: questa è stata finora la mia vita qui. Mi ha deluso e mi avete deluso! Poca vera comunicazione, paletti ovunque, equivoci a gogò. Pretendo troppo? Non credo, volevo solo un minimo di educazione se poi ci fosse anche cultura sarebbe perfetto. Questo è un blog "finito" e in se concluso, i testi sono tutti programmati, molti di essi risalgono a decenni fa in era pre-web: ho scelto un vecchio e amatissimo template, centinaia di immagini ed ho provato a giocare seriamente come molto tempo fa. Questo spazio è solo una traccia del mio passaggio nell'ambiente virtuale, non chiede nulla e nulla cerca. 

Fratelli solo a parole

Libano, Siria, Giordania: i rifugiati palestinesi vivono da decenni ai margini, esclusi da diritti, lavoro e cittadinanza. Eppure gli stessi Paesi che li discriminano accusano Israele di apartheid. Da oltre 75 anni i rifugiati palestinesi sono i fantasmi del mondo arabo: invisibili nei diritti, segregati nei campi, evocati solo quando servono a puntare il dito contro Israele. È la grande ipocrisia della regione: mentre a Gaza si urla al "genocidio", in Libano, Siria e Giordania, la popolazione palestinese è trattata come un corpo estraneo, utile solo per la propaganda. Eppure, nei talk show e alle Nazioni Unite, quei Paesi arabi che li umiliano si dichiarano ancora "fratelli" del popolo palestinese.  Ma i numeri e i documenti raccontano una storia diversa : quella di intere generazioni senza cittadinanza, senza diritti politici, senza futuro.  Libano: la segregazione legalizzata In Libano vivono circa 210.000 palestinesi, secondo i dati ufficiali dell’UNRWA. Una ci...

IL VERO POTERE

C’è un pezzo d’Italia che non si elegge nelle urne, non si vota nei parlamenti, non passa mai dalle piazze. Vive altrove: nelle università e negli studi televisivi. È lì che, tra gli anni ’90 e i primi 2000, la sinistra italiana ha esercitato il suo vero potere: non nel Governo, ma nel plasmare il discorso pubblico. Una macchina lenta, metodica, invisibile ai più. Ma oggi, guardando indietro, i tasselli si compongono: cattedre universitarie distribuite come bottino, palinsesti televisivi lottizzati con chirurgia politica, concorsi e nomine che hanno garantito per decenni una filiera ideologica rossa. L’università come roccaforte I governi di centrosinistra – Prodi nel 1996, D’Alema nel 1998, Amato nel 2000 – non hanno inventato i baroni universitari. Ma hanno saputo usare i baronati come strumento politico. Le facoltà di filosofia, sociologia, scienze politiche, storia contemporanea erano già il cuore pulsante della sinistra accademica. Negli anni a cavallo del 2000 diventano fortezze ...

Il pensiero visibile

Perduto nell'oceano immenso della rete. Senza coordinate conosciute nessuno entrerà mai qui. Il blog resterà sconosciuto per sempre a meno che io non faccia il gesto abituale di commentare da voi: facciamo tutti così, commento quindi esisto, ma io esisto anche senza commenti! Se non commento non saprete mai della mia esistenza e se non lo faccio con continuità nessuno di voi tornerà mai più qui da me! Tra un certo numero di anni forse la situazione cambierà: i testi potranno scorrere liberi, sarebbe così bello e liberatorio. Ma sono convinto che quando questi testi saranno visibili non è certo che i blog esisteranno ancora. Però mi piacerebbe fosse ancora possibile leggermi...voi riuscite ad immaginare un paradigma migliore dell'eternità della scrittura?

IN DITTATURA

Se non sei mai vissuto in una dittatura, non puoi capire. Ma puoi urlare. Senza paura. Chi ha vissuto la dittatura, non urla. Conta i respiri. C’è chi oggi si indigna per “l’autoritarismo”, la “censura”, il “fascismo strisciante” – e lo fa da uno smartphone da 1000 euro, sotto la protezione dell’articolo 21. Urla, manifesta, insulta, scrive striscioni. Libero. Poi c’è chi una dittatura l’ha vissuta. E no, non fa rumore. Parla piano, guarda attorno. Controlla chi ascolta prima di dire cosa pensa. Perché chi è nato sotto un regime ha imparato che la libertà non è un diritto, è un’eccezione. E che la verità non è pubblica, è clandestina. La differenza tra chi può e chi sa. Chi non ha mai visto i parenti sparire nel nulla. Chi non ha mai sentito bussare alle 4 del mattino. Chi non ha mai dovuto imparare a memoria cosa dire, cosa non dire, cosa negare. Non può capire. Ma può urlare. Sì, può dire tutto quello che vuole. Può chiamare “fascista” chi difende lo Stato di diritto. Può paragonare ...

un solitario senza speranza

Rispondere a tono alle vostre argomentazioni però è un piacere e non me privo. Credo che vi siano treni che passano una sola volta nella vita, in genere li perdiamo (io ne ho persi molti), in genere lo capiamo dopo quando tutto è inutile e resta solo il rimpianto. Tuttavia vivere si deve, cercare è vita, senza ricerca si è solo amebe senza senso. Se fate parte di quel gruppo di persone che non si arrendono alla comodità di vivere nella tendenza facile e condivisa di certa quotidianità: se si ha carattere si sceglie con quel carattere! La scelta isola? Non viene compresa? Spesso è così… si parla delle ragioni del cuore e ciò è vero ma funziona, solo se i cuori parlano lingue simili, dipende come sempre dagli interlocutori e dal loro grado di intuito (non dalla loro cultura in senso stretto). Si nasce aperti ma si può morire chiusi, molti preferiscono darsi un’apparenza di apertura posticcia che incredibilmente funziona in società, nel web ancora meglio perché si canta la stessa canzone ...

La scrittura

Il maggiore pericolo che si corre nell'affrontare l’argomento “scrittura” su un articolo di un blog sconosciuto, da perfetto sconosciuto ( siamo tutti così), è quello di apparire saccente. Invece io vorrei dire alcune cose da lettore e basta: certo un lettore con una certa pratica di scrittura e molti anni di rete sulle spalle. La scrittura è comunicazione a parer mio, trasmissione di concetti, esperienze, emozioni. Non c'è modo più elevato di conservare la propria traccia esistenziale nel tempo della scrittura. L'esercizio "libero", come quello esercitato qui per esempio, è importante certo ma poi entrano in gioco altri fattori e non sempre essi sono quantificabili e prevedibili. Dipende per es. dalla cultura personale di chi scrive e di chi legge, dall'abitudine alla lettura di qualcosa che superi le tre righe dei social. Ma la scrittura, a qualsiasi genere letterario si rivolga, è soprattutto una liberazione per chi la produce e un'avventura per chi ne ...

IL TEMPO NUOVO -

Siamo finiti tutti e facciamo finta di niente: alcuni di noi continuano a rassettare il proprio universo, io tra loro, a cullare con gli occhi il segno del proprio peso sull’esistenza. Ma è tempo perso perchè ci aspetta il tempo nuovo, le nuove stagioni della nostra maturità assoluta che prenderà il posto di questa finta giovinezza disordinata e ci inchioderà al sapore perfetto di quello che siamo stati.

Leggere

Dovete leggere giovani blogger, qui o meglio altrove (anche sull'ormai desueto cartaceo) dovete leggere. Non è detto che sia lì la vostra salvezza, la gangrena montante di cui quelli della mia età sentono il puzzo più di voi per un semplice fatto di anagrafe non è certo che vi risparmierà per il fatto di aver letto. Ma creperete più dignitosamente e non è cosa da poco. Leggendo imparerete cosa siete, come ci siete arrivati e cosa vi aspetta; amerete l'eleganza naturale, fisiologica direi, della trasmissione scritta del pensiero perchè non sempre funziona all'inverso, non sempre ad una parola detta corrisponde un retro pensiero, anche il web è strapieno di inutili zucche vuote! Dovete leggere se volete amare da esseri umani maschietti dalla virilità incipiente e pulsante e fanciulle su cui posare il desiderio nascosto di essere eterni attraverso le vostre vagine. Dovete leggere, dovreste farlo e invece non lo fate! Aggiungo che dovreste leggere FUORI dai vostri limiti territ...

IL CARDINALE

Matteo Zuppi è oggi il volto più esposto della Chiesa italiana. Presidente della CEI, mediatore in missioni diplomatiche delicate, figura amata dai media progressisti. Ma dietro l’immagine di pastore sorridente si nasconde una frattura che interroga tanto i fedeli quanto la politica vaticana. Zuppi parla di pace, ma non nomina mai l’aggressore. Va a Mosca, a Pechino, a Washington: viaggi presentati come storici e risolti in comunicati prudenti, in dichiarazioni generiche. Da mesi è il “cardinale del dialogo”, ma il dialogo non produce risultati. Il punto non è la buona fede. Il punto è l’ambiguità. In Ucraina c’è chi invade e chi subisce. In Israele c’è un terrorismo che colpisce civili. Eppure le parole di Zuppi sembrano disegnate per non incrinare rapporti, per non disturbare nessuno. Una neutralità che, a lungo andare, appare come debolezza. Dentro la Chiesa la percezione è duplice. Da un lato, c’è chi lo vede come il futuro: aperto, inclusivo, in sintonia con il Papa. Dall’altro, c...

L'addestramento dei bambini a Gaza- dedicato a F. Albanese

Mentre a Gaza si studia il martirio e si gioca alla guerra, gli attivisti con la kefiah parlano di pace senza mai guardare in faccia la verità. Un’educazione che produce carne da cannone, non cittadini.  GAZA CITY – Se nasci a Gaza, la tua giornata non comincia con “cosa vuoi fare da grande?”, ma con “chi devi odiare per primo?”. Non è retorica, è didattica applicata. Il nemico ha un nome scolpito sui banchi, una bandiera bandita dai libri di geografia e un destino già assegnato: distruggere Israele o morire provandoci. Questa è la vera lezione che Francesca Albanese, la madrina ONU degli attivisti pro-Palestina, finge di ignorare mentre distribuisce accuse di genocidio a Israele. Perché se solo sfogliasse i libri di testo delle scuole di Gaza, approvati dall’Autorità Palestinese e benedetti da Hamas, scoprirebbe che Israele non esiste nemmeno sulle mappe. Tutto è Palestina, dal Giordano al Mediterraneo. E tra una poesia che glorifica il martirio e una biografia di Dalal Mughrabi...

SCONFITTE ANNUNCIATE

Di chi è la colpa se la sinistra continua a perdere? Di chi l’ha resa irriconoscibile. Di chi l’ha trasformata da forza popolare a club di privilegiati, da motore di riscatto a macchina ideologica. E soprattutto: di chi ha scelto di difendere l’indifendibile solo per andare contro il nemico di turno. Dalla Palestina all’Iran, dal finto pacifismo al nuovo antisemitismo, ecco perché milioni di elettori – anche storici – stanno voltando le spalle. Difendere Hamas “per solidarietà” È il capolavoro dell’ipocrisia: si dice di lottare per i diritti, ma si difende un gruppo terrorista che opprime donne, perseguita omosessuali, militarizza scuole e ospedali. Se fosse un regime cristiano e bianco, la sinistra ne chiederebbe l’embargo. Ma Hamas è “resistente”, e quindi tutto è giustificato. Anche i bambini armati. Femminismo selettivo (versione sparita) Per le donne iraniane, afghane, arabe? Silenzio. Niente convegni, nessun flash mob. L’Occidente progressista chiude gli occhi pur di non sembrare...

La mia guerra, la mia fine e la verità sempre più lontana - anno 2025

Vi lascerò presto e non sarà indolore per il sottoscritto: ho sempre scritto per i fatti miei, non sono mai stato in nessun gruppo, l'omologazione non fa per me, la solitudine che cerco di addolcire da quando avevo quindici anni mi ha azzannato definitivamente in questi ultimi mesi della mia esistenza.  Non voglio pietismi di alcun genere non mi interessa blandirvi, non voglio visibilità, non voglio gradimenti da riutilizzare al momento giusto. Ho studiato sempre da solo, se non mi convinco per mia riflessione l'istinto mi porta sempre fuori dai consessi abituali.  Ci sono vari modi per chiudere i rapporti in un ambiente come questo, si può eliminare il blog oppure eliminare i commenti, oppure smettere di frequentare chi abita questo mondo virtuale. C'è infine il modo più snob, dire senza peli sulla lingua la propria opinione su argomenti che già sai come vengono trattati dalla totalità dei tuoi contatti... e non dare alcuna importanza alle conseguenze di tale atteggiamento...

Galateo da rete

Mai detto che scrivere sia facile: è assai complicato, in alcuni casi ti impone scelte di fondo che possono isolarti dal consesso umano che frequenti. Siamo esseri fragili, il gruppo ci difende, ci serve, ci ipnotizza, ci blandisce...in fondo molti di noi pensano perchè andare controcorrente? Perchè dare voce alla nostra idea intima per infilarci in discussioni spinose, perchè rinunciare alle carezzine dell'ego che in fondo ci fanno un gran bene? Per diventare conformi alla nostra solitudine intellettuale di cui non frega niente a nessuno? Molto meglio glissare, tenere per noi stessi le nostre verità profonde, meno che mai scriverle pubblicamente se sappiamo che non coincidono con quelle in uso nei salotti che frequentiamo, molto più comodo metterci una maschera e continuare a recitare una parte che conosciamo bene. Dietro la delusione e l’agitarsi di questa sciocca apparenza a me è rimasta una quiete profonda, quella di certe sospensioni notturne adesso che la sera allungandosi re...

La mai libertà

Ricredersi non è una cattiva cosa ma il quesito resta, soprattutto in questo ambiente dove la relazione tra chi scrive e chi legge e commenta sembra sia fondamentale. Lo è, impossibile negarlo e così diventa scontata l'influenza che l'altro può esercitare su chi scrive ma io personalmente mi sono sempre comportato diversamente: l'ho ripetuto molte volte, scrivo per una forma di liberazione intima e personale, è sempre stato così, scrivo perchè l'espressione scritta riempie il mio immaginario mentale fin da ragazzino. Ovviamente entrato nel mondo dei social le cose sono rapidamente mutate: se scrivi sinceramente di te e del tuo mondo prima o poi arrivano le batoste, non le interlocuzioni, le batoste che lasciano basiti. Non credo esistano posizioni e ideologie sempre e comunque confrontabili, non è mai successo nella storia dell'umanità che questo accadesse, se sei convinto se hai analizzato, se hai cercato una misura fatalmente incontri qui qualcuno che agisce in mo...

La scrittura resta

La scrittura resta, i mei sogni restano, la mia vita non muta per i desideri superficiali di altri, Enzo è vivo nel suo intelletto e nelle cose che scrive. Che sia letto, accettato, conta meno. Lasciare una traccia di me era importante. L’unicità è un grande pregio, non deve diventare arroganza ( il rischio è alto); chi scrive qui è un campione di imperfezioni vi assicuro e ci convivo.

L'ODIO NASCOSTO

L’odio non è esploso con Netanyahu. È solo uscito dal seminterrato dove lo tenevate a riposo. C’è chi giura che tutto sia cambiato con l’ascesa della destra. Che la solidarietà sia evaporata perché “Israele è diventato un Paese reazionario, integralista, oppressivo”. Che il mondo, prima di Ben Gvir e Netanyahu, avesse un rapporto equilibrato con Israele. Fandonie. L’odio contro Israele non è nato con questo governo. È tornato di moda. È stato sdoganato, rispolverato, legittimato. Ma era già lì. Covava sotto la superficie, come una brace in attesa di ossigeno. E voi – intellettuali, attivisti, giornalisti, accademici – gliel’avete concesso. Il pretesto perfetto: “Colpa della destra” Per anni la sinistra europea ha cercato di mettere a tacere il disagio: come si fa a difendere i diritti umani e sostenere Israele? Come si giustifica la sopravvivenza di uno Stato che ha il coraggio di difendersi? Poi è arrivato Netanyahu. E con lui Ben Gvir, Smotrich, la riforma giudiziaria. Il pretesto è ...

PRIMA E DOPO

In ogni guerra, la prima vittima è la verità. Ma nel caso del conflitto israelo-palestinese, la verità è stata giustiziata, sepolta e riesumata a comando. Una delle narrazioni più tossiche – ripetuta come un mantra nelle piazze, nei talk show e nelle università – è questa: “I palestinesi sono i veri abitanti originari della Palestina. Gli ebrei sono arrivati dopo, da fuori.” Falso. Clamorosamente, storicamente, documentabilmente falso. Vediamo i fatti. Con nomi, date e fonti. Non con slogan da corteo. Gli ebrei in Israele: 3.000 anni prima del “Palestinese” Il popolo ebraico nasce nella regione di Canaan-l’attuale Israele e Territori circostanti – già nel XII secolo a.C. Lì si formano i regni di Israele e Giuda, con capitale a Gerusalemme. Re Davide, Salomone, i profeti biblici, il Tempio di Gerusalemme: tutto accade lì. Non a Damasco. Non al Cairo. Non a Istanbul. Lì. La Torah e l’identità ebraica non nascono in esilio: nascono in patria. Quella terra non è un luogo simbolico: è l’ori...

COLONI

Storia, ipocrisie e verità scomode sull’insediarsi dove vivevano altri C’è stato un tempo in cui essere coloni era un vanto. Poi è diventato un crimine. Ma nessuno, nessun popolo sulla faccia della Terra, può dire di non esserlo mai stato. Il termine “colono” oggi è carico di accuse. In certi contesti è sinonimo di oppressore, usurpatore, invasore. Un’accusa che divide, condanna, polarizza. Ma nel corso della storia, essere colono era normale. Anzi, era una delle poche strade per sopravvivere, crescere, espandersi. Tutti, prima o poi, abbiamo preso terra da qualcun altro. Da Roma all’America: la storia è una lunga marcia di coloni I Romani colonizzavano territori conquistati e ci mandavano famiglie per stabilire ordine e romanità. I Greci fondavano polis nel Mediterraneo, “civilizzando” coste che oggi sono italiane, turche, libiche. Anche i popoli germanici, gli arabi, i mongoli, i bizantini: tutti coloni, ciascuno a modo suo. E poi i moderni: Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra, ...

pensiero unico

Il potere, inteso come ideologia dominante del periodo è sempre esistito ovunque e in qualsiasi contesto espressivo e, devo tristemente dire, che gli artisti ne sono malati da sempre. Le accademie in senso concettuale le ritrovi ovunque, a dx a sn, al centro, in basso in alto di lato davanti e dietro. Fanno comodo, proteggono, danno audience e regalano una pigrizia intellettuale micidiale. Spesso contagiano anche l'aspetto sintattico e linguistico del discorso, segno evidente che i nuovi scrittori leggono poco e male, la scrittura decente nasce dalla lettura senza gabbie ideologiche e da una libertà interiore mal sopportata dagli ambienti di riferimento.

DUE STATI

Tutti dicono di volere la pace. Tutti ripetono “due popoli, due Stati” come un mantra diplomatico. Ma se guardi i fatti – non le conferenze stampa – solo una parte ha davvero detto sì. Israele ha accettato la soluzione a due Stati più volte, nero su bianco. Dall’altra parte? Solo rifiuti, silenzi e fughe.  Chiunque conosca la storia lo sa: il vero ostacolo non è Netanyahu. È il “no” sistemico palestinese. Le occasioni mancate (tutte per colpa loro) 1947 – Piano di Partizione ONU – Israele accetta. – Il mondo arabo rifiuta. – Scoppia la guerra. 2000 – Camp David – Israele offre quasi tutta la Cisgiordania, Gerusalemme Est, smantellamento insediamenti. – Arafat dice no. Nessuna controproposta. 2008 – Piano Olmert – 93% della Cisgiordania, compensazioni territoriali, spartizione di Gerusalemme. – Abu Mazen non firma. 2014 – Piano Kerry – Netanyahu accetta trattative dirette. – I palestinesi si alzano e se ne vanno. Ogni volta che la pace era lì, pronta, c’è stato un solo rifiuto co...

Politica

Di recente, parlando con un amico della crescente ondata di antisemitismo nel dibattito pubblico, mi ha colpito una sua osservazione: "Mi pare che l’odio antisemita oggi sia particolarmente forte tra le persone politicizzate, e molto meno diffuso nel resto della popolazione."   Per "politicizzati", intendeva coloro che fanno attivismo, che si muovono dentro le dinamiche ideologiche del presente, spesso iperconnessi, immersi nei codici simbolici del loro gruppo. E qui sorge un problema più ampio: anche la parola "politicizzato" sta subendo una torsione semantica, sintomo di una trasformazione più profonda nel modo in cui concepiamo la politica stessa.  Cosa significa davvero "politica"? La parola politica deriva dal greco politikós, cioè “relativo alla pólis”, la città-stato. Il suo corrispettivo latino è civicus, da cui "civico". In origine, dunque, la politica era l’arte della convivenza civile, dell’organizzazione del vivere comune, ...

controsensi

Rimescolare le carte in ossequio a tendenze e ideologie imposte da una pseudo cultura da web pilotate da un europeismo a senso unico non fa per me. Non mi piacciono coloro che dopo decenni di lotta per la laicità dello Stato e dei cittadini, dopo prese di posizione durissime nei confronti del Vaticano e della idea cristiana di società, dopo anni di scrittura sulla liberazione femminile, non alzano un dito, non scrivono un rigo non cantano una canzone contro il mondo islamico ma invece scrivono in rete felici e beati del suicidio intellettuale verso cui stanno precipitando. O sono pazzi o sono ipocriti: li disprezzo in entrambi i casi.

il pensiero nascosto

Il pensiero nascosto Vive di una riflessione serissima e sofferta, essa non potrebbe sopravvivere se entrasse continuamente in contatto con interlocutori fasulli. Intendo dire persone che hanno già in tasca tutte le ragioni e tutte le risposte preconfezionate: in genere sono ragioni e risposte cresciute all'ombra di ideologie feroci e non discutibili. Sono le peggiori e, se ci pensi bene, quelle che ti "proteggono" meglio. Entri in un circolo virtuoso, in una tendenza perfetta che ti regala l'accesso a gratificazioni continue e visibilità diffuse. Dentro questo circolo godi persino di una onorabilità etica che non devi discutere ad ogni piè sospinto, è un vantaggio innegabile, una comodità enorme. Io non ne ho mai goduto, non ne ho mai voluto godere, ho un'indole diversa, ostica, contraddittoria, sono un isolato e soprattutto sono molto stanco. Di tutto ciò che importa a chi frequenta il web mi importa poco, vivo per dare spazio a altre dinamiche, ho interessi div...

Opinioni

Questo non è un blog d'opinione, che significato ha questo termine? IO HO UN'OPINIONE, l'ho su molte cose ma non faccio opinione! Non pretendo di farla, me la studio, la vivo e la analizzo. Non la vendo ma la difendo aprioristicamente se essa viene attaccata gratuitamente, l'ideologia di altri non può valere più della mia per partito preso. Avere una opinione, scriverla in rete significa nella gran parte dei casi suicidarsi per contatti e audience; nei blog decenti da un punto di vista letterario l'opinione è UNICA, una dittatura del pensiero che nasce da molto lontano, dalla fine del secondo conflitto mondiale e dalla egemonia ideologica della sinistra che pretese di fondare questo straccio di Repubblica delle banane su una guerra civile. Ma io per fortuna ho superato da tempo l'imbarazzo di dover piacere per forza a qualcuno, di dover cinguettare su testi e concetti falsi e vuoti.  Da quando scrivo in rete ho contatti speciali con blogger che ritengo abbiano o...

UNA SERENITA' LONTANA -

Non c’è nulla che mi piaccia e mi intrighi più dello scrivere, non c’era bisogno dei blog per capirlo: tutta la mia vita lo racconta da quando ero solo un ragazzino con i pantaloncini corti. Io non chiedo comprensione, il web finora è un largo spazio apparentemente libero, in cui vige la legge della selezione naturale darwiniana: solo una parte di blogger resiste a lungo e, a mio parere ed escludendo me, non sempre la migliore. Non sarò certo io a cambiare questo andazzo comune tra l’altro ad altri mezzi di comunicazione di massa. Io cerco una serenità lontana.

occidentale

Occidentale. Stanco di scrivere al vento e di far finta di condividere. Ucciso dalla inutilità di aver studiato e letto per decenni, di aver confrontato fonti diverse. Di aver amato il silenzio dopo la chiusura di un libro. Occidentale del Sud, più vicino alla Grecia che a Berlino conosciute bene entrambi. Da Lampedusa ho lasciato sul confine del mare una lunghissima carezza, l’ultima che mi ricordi di me e di te amore mio. Stanco e guardo a oriente dove sorge ogni giorno la speranza. Occidentale. C’è una luce particolare oggi sullo jonio, un filtro di perla per ammorbidire gli spigoli dei miei umori confusi. Anche ora la musica di uno degli artisti che ho amato di più mi porterà fuori dalle secche di questa sera infinita, sarà il dito che ti indicherà la mia luna, ti dirà le parole che io non so pronunciare e avrò la speranza che l’amore in assoluto ricomponga il dissidio di sempre e che scriverlo non sia stato inutile. De Andrè ha già iniziato a raccontare del chimico che conosceva ...

Palestina chi sei e dove sei

La Palestina non è mai stata una nazione. Non aveva lingua distinta, non aveva tradizioni uniche, non aveva uno stato. Era un pezzo di Levante come tanti, popolato da arabi che parlavano lo stesso dialetto dei siriani e dei giordani, che vivevano di clan, villaggi e qualche città mercantile.  Nessuno, prima del 1948, parlava di “palestinesi” come popolo politico. È la nascita di Israele a creare la Palestina. O meglio: è la sconfitta araba del 1948, la Nakba, a trasformare un insieme di comunità in un’identità nazionale. Senza Israele, la parola Palestina sarebbe rimasta una denominazione geografica sulle mappe del mandato britannico. Il paradosso si vede subito. Gli stati arabi si lanciarono in guerra proclamando che avrebbero annientato Israele. Furono sbaragliati. Israele non solo sopravvisse, ma vinse. Ma poiché ammettere il fallimento era politicamente impossibile, si scelse un’altra via: ribaltare la narrazione. Israele non aveva sconfitto cinque stati arabi incapaci e div...